Recensione di Thérèse Hargot Una gioventù sessuale liberata (o quasi) (ed. Sonzogno, 2017)

In Italia, i soggetti in carico agli Uffici di Servizio sociale per i minori (penitenziari, comunità, Centri di Prima accoglienza) per reati a sfondo sessuale, alla data del 31/12/2012, erano 1.017, di cui 211 stranieri e 806 italiani. Tra loro 995 sono maschi e 22 sono femmine (sono compresi Detenzione di materiale pornografico e Pornografia minorile). Di questi 1017 soggetti 579 sono colpevoli di violenza sessuale e 328 di violenza sessuale di gruppo. Di questi 1.017 ben 252 sono stati presi in carico per la prima volta nell’anno 2012. Sono coinvolte le province di tutta Italia. In Italia pochissime sono le ricerche che si sono occupate di affrontare il tema della violenza all’interno delle giovani coppie, ancora di meno gli studi che hanno specificatamente indagato le aggressioni sessuali, di varia natura, che in questo stesso contesto possono essere agite. I dati a disposizione sono allarmanti: il 16% dei 1553 ragazzi e ragazze fra i 12 e i 18 anni raggiunti nel 2014 da Telefono Azzurro e DoxaKids ha riferito di conoscere un coetaneo/a che ha raccontato di aver subito pressioni per avere approcci o rapporti sessuali non voluti.  (Fonti Globalist syndication e articolo di Laura Pomicino su Giulia Giornaliste.)

Questi dati sintetici ma significativi sono il motivo per il quale ho considerato utile e significativo recensire il testo di Thérèse Hargot Una gioventù sessuale liberata (o quasi).

La rivoluzione sessuale ha portato la liberazione da dogmi e tabù, da divieti e oppressioni psicologiche? A partire da questa domanda, oltre che dalle tante domande che le rivolgono ragazze e ragazzi durante i corsi, la sessuologa belga Thérèse Hargot invita a riflettere sul termine liberazione e libertà.

Se libertà significa poter scegliere, dice la dottoressa, allora siamo ben lontani dall’averla raggiunta! I ragazzi e le ragazze sono liberi di accedere a molti siti pornografici fin dall’età della scuola primaria: il risultato è che sono subissati di immagini che non sono pronti a capire ma che a livello inconscio stimolano in loro pulsioni fortissime e fuori dalla portata della loro età fisica e anche della realtà. Quand’anche infatti riescano a sperimentare con qualcuno quegli impulsi indotti, non sanno davvero cosa stiano facendo e non si mettono in relazione con la persona che hanno davanti, perché non sono ancora abbastanza maturi per farlo. Ne viene un senso di paura, frustrazione e di inadeguatezza. Non è una scelta libera e consapevole, tanto più che le immagini pornografiche creano dipendenza e paura di doversi per forza adeguare ai modelli imposti dalla moda culturale del momento.

Quanto ai numerosi corsi di educazione sessuale, si sono troppo spesso risolti in una banalizzazione della relazionalità e in una trasmissione di informazioni meramente igieniche e meccaniche. Questo approccio ha trasformato il sesso, nella visione degli adolescenti, in un’esperienza fisica standardizzata e obbligatoria da una parte e pericolosa dall’altra, essendoci troppo spesso, da parte dell’adulto, la sola preoccupazione di scongiurare malattie e gravidanze indesiderate. Minore libertà, in tale contesto, c’è per l’espressione di sé da parte del giovane, delle sue emozioni, delle sue ansie e, dove necessario, del bisogno di attesa di una maturazione più lenta e graduale.

La realtà della società italiana è quella di proporre quotidianamente una comunicazione eroticizzata, con costanti riferimenti sessuali senza  prevedere momenti di sensibilizzazione e informazione su questa tematica rivolti alle nuove generazioni. L’autrice descrive una realtà educativa francese dove l’educazione alla sessualità è maggiormente sostenuta e praticata ma questo non le impedisce di porsi la domanda. È questa la libertà a cui siamo arrivati? La sua esperienza di insegnante di corsi di educazione sessuale l’ha posta di fronte a come sia difficile rendersi conto di come una esperienza vissuta come liberatoria possa, con il tempo e i cambiamenti di contesto, diventare essa stessa uno stereotipo.

Attraverso il racconto di aneddoti e storie reali ci conduce a riflettere sulla cosiddetta liberazione sessuale delle donne e su che cosa resta del femminismo degli anni Settanta.

I differenti capitoli del libro sono strutturati sulle domande che ragazzi/ragazze hanno rivolto all’autrice. Domande circolari attraverso le quali Thérèse Hargot scrive della coppia, dello stare insieme solo per non stare soli, delle persone che fanno qualcosa solo per piacere alla propria metà. Ci parla di omosessualità, di come capire il proprio orientamento sessuale, delle malattie trasmissibili, dello sfruttamento del corpo, dell’aborto, della pillola, insomma di tantissime cose importanti e attuali, che fa sempre bene leggere e conoscere.

Marina Mariani

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Marina Mariani

Marina Mariani – Formatrice, counselor esperta di metodi biografici e narrativi in ambito organizzativo e di medicina narrativa in particolare in ambito salute riproduttiva e oncologico.