«Il problema maggiore è rappresentato dall’allungamento delle liste d’attesa – spiega Manuela De Vito, presidente bergamasca dell’Associazione italiana per l’educazione demografica -. Se ci sono pochi medici a praticare gli aborti la conseguenza è che bisogna aspettare qualche settimana in più, con il rischio di avvicinarsi sempre più al limite entro il quale si può praticare l’interruzione. Per questo può capitare che si decida di spostarsi a un’Azienda ospedaliera diversa dalla propria, oppure di cambiare addirittura provincia». ] «Il problema maggiore è rappresentato dall’allungamento delle liste d’attesa – spiega Manuela De Vito, presidente bergamasca dell’Associazione italiana per l’educazione demografica -. Se ci sono pochi medici a praticare gli aborti la conseguenza è che bisogna aspettare qualche settimana in più, con il rischio di avvicinarsi sempre più al limite entro il quale si può praticare l’interruzione. Per questo può capitare che si decida di spostarsi a un’Azienda ospedaliera diversa dalla propria, oppure di cambiare addirittura provincia».

Così Manuela De Vito, presidente Aied Bergamo, in un’intervista al Corriere della sera. L’occasione per parlare degli effetti dell’obiezione di coscienza sulla (non) applicazione della legge 194 nel bergamasco viene da un recente convegno organizzato da Aied Bergamo intitolato Diritti proclamati diritti negati.