Perché il test del DNA fetale deve essere proposto dopo il bi-test, considerando che è invece possibile effettuarlo due settimane prima (dalla decima compiuta)?

Secondo le linee guida del Ministero del 2015 il test non invasivo su sangue materno deve essere collegato e preceduto da un accurato controllo ecografico dopo l’XI settimana, effettuato da operatori accreditati nell’esame delle XI-XIV settimane.

Nel caso in cui i dati ecografici suggeriscano un aumento del rischio di patologia cromosomica nel feto, deve essere infatti valutata l’opportunita di eseguire direttamente una diagnosi prenatale invasiva per lo studio del cariotipo fetale. Inoltre, alcuni dei parametri biochimici indagati nel Test integrato (Bitest) possono fornire informazioni generali sull’andamento della gravidanza che non hanno necessariamente a che fare con la stima del rischio della sindrome di Down. In altre parole, possono fornire informazioni in più.

In ogni caso, il test non invasivo su sangue materno non va assolutamente considerato in alternativa ad un’ecografia del primo trimestre di gravidanza con misurazione della translucenza nucale. L’ecografia, infatti, permette di analizzare in modo accurato l’anatomia fetale e di individuare anomalie che non sono per forza associate ad alterazioni genetiche e cromosomiche.

Edoarda Gavazzi, genetista (Centro genetica e gravidanza)