L’accoglienza è un momento qualificante nelle attività di un consultorio familiare:  contraddistingue questo servizio socio-sanitario e può determinarne la “differenza” con altre strutture. Il Gruppo di lavoro sui consultori familiari dell’Ordine assistenti sociali della Lombardia spiega di che cosa si tratti e in cosa consista il “primo colloquio” in questo documento messo a disposizione dal Cemp.

ACCOGLIENZA

Nel consultorio familiare (c.f.) il momento dell’accoglienza si dovrebbe inquadrare perfettamente nella definizione che viene data quando si pensa, più in generale, al significato di accoglienza (a.) nei servizi sociali. L’a. infatti è da intendersi “ non come fase isolata, ma come parte di un processo più ampio, che si svilupperà in un percorso, finalizzato alla conoscenza reciproca tra operatore/i e utente/i, dove si pongono le basi per un rapporto centrato sulla “domanda-offerta” e su una relazione di aiuto.”(1)

L’a. nel c.f. è il primo momento che contraddistingue questo servizio socio-sanitario e può determinarne la “differenza” con altre strutture che erogano solo servizi ambulatoriali.

Essa infatti contempla un modo di pensare e di agire in cui la struttura si pone all’ascolto dell’utenza, alla recettività della domanda e all’ elaborazione di una risposta: riguarda i luoghi, i modi e i tempi di lavoro, l’utilizzo al meglio delle risorse professionali, la gestione del tempo e dello spazio, la messa a punto degli strumenti tecnici, lo stile di intervento. E’ la cornice all’interno della quale è possibile intervenire con empatia, in modo collaborativo, nella maniera meno burocratica possibile.

Non può quindi limitarsi a un protocollo formale, a una semplice raccolta di informazioni senza tener conto, fin dal primo istante, della dimensione relazionale che da quel momento in poi caratterizzerà il percorso da seguire con la persona.

Possiamo dire che già nel momento del primo contatto telefonico l’operatore sociale del c.f. sta facendo accoglienza, ovvero entra in comunicazione con l’utenza e ne conosce le richieste di aiuto.

Attraverso la disponibilità di chi risponde è possibile fare un primo filtro che permette di offrire risposte rassicuranti in situazioni di dubbio, portando un primo aiuto concreto e affievolendo, in tanti casi, ansie immotivate.

La semplice e più frequente situazione in cui venga richiesto un appuntamento può, molte volte, costituire un primo livello di ascolto che oltrepassa i limiti burocratici dell’atto d’ufficio, per addentrarsi nel merito di richieste o consigli che svilupperanno successivamente un intervento specialistico mirato.

Si può considerare l’uso del telefono importante a più livelli per ottimizzare la scelta delle prestazioni, per invitare gli utenti ad un colloquio più ravvicinato e approfondito, per comunicare fin da questo primo contatto il grado di sensibilità degli operatori.

Non bisogna dimenticare che in molte situazioni la persona si affida all’uso del telefono per un bisogno di anonimato,per potersi esprimere più liberamente, per tastare il terreno e “sentire” il tipo di approccio con la struttura e l’operatore: sta a chi risponde captare il segnale e trasmettere “accoglienza”.

Per questi motivi è estremamente importante che gli operatori dei c.f. siano formati anche all’approccio telefonico, da non sottovalutare, ma da considerarsi come prima attività relazionale e di comunicazione.

Per essere in grado di accogliere è necessario individuare le risorse di cui abbiamo bisogna, iniziando dalla presenza degli operatori e dall’organizzazione interna del consultorio : riteniamo importante che ogni prestazione venga garantita dalle diverse figure professionali nelle loro specificità, offrendo ogni giorno servizi idonei a rispondere alle richieste degli utenti in tempi adeguati.

Soprattutto nelle richieste di emergenza (contraccezione d’emergenza, richieste IVG, dubbi contraccettivi, problemi in gravidanza) essere in grado di fornire una prima consulenza telefonica, seguita a breve termine da un incontro in consultorio, consente di operare in modo corretto e puntuale ponendo la base per un buon lavoro di prevenzione.

A tale scopo una risorsa telefonica utile e molto apprezzata dalle utenti è il servizio di “cellulare dedicato”che, laddove lo consenta l’organizzazione, è possibile mettere a disposizione nei giorni di chiusura del consultorio per consultazioni d’urgenza, alle quali risponde a turno un medico.

L’esperienza intrapresa dal consultorio Cemp di Milano consente di rispondere a richieste di aiuto soprattutto nei casi sopraccitati, fornendo indicazioni e consigli.

L’assistente sociale (a.s.) che si occupa di a. nel consultorio crea il presupposto per prendere in carico la persona dal momento del primo contatto fino al primo colloquio per la compilazione della cartella socio-sanitaria e alla gestione del caso, operando individualmente o con altri specialisti (ginecologo, psicologo, ostetrica ecc.).

Esaminando le prassi di a. adottate dagli assistenti sociali del gruppo di lavoro consultori dell’Ordine regionale professionale, sono state messe a confronto alcune modalità operative messe in atto nelle singole esperienze di lavoro quotidiano.

In certi casi viene utilizzata una scheda di raccolta dei dati anagrafici e del motivo della richiesta compilata dall’a.s. o dallo psicologo al telefono o di persona: viene successivamente stabilito in equipe chi effettuerà il primo colloquio e tutti i casi con rilevanza sia sanitaria che sociale o psicologica, condivisi con l’equipe stessa.

In altre situazioni l’a.s. effettua tutti i primi colloqui di valutazione della richiesta e invia poi la persona allo specialista richiesto stabilendo una modalità complementare di intervento.

L’utilizzo di una cartella medica e/o psico-sociale è considerato lo strumento più efficace per poter dare al primo colloquio un valore diagnostico-valutativo; una semplice scheda anagrafica riduce l’accoglienza a un semplice atto amministrativo.

Si evidenzia un dato di base comune che individua nel ruolo dell’a.s. una specifica competenza per l’analisi della domanda, con particolare riferimento a:

o Capacità di rilevazione del bisogno e di lettura trasversale di tutte le aree di bisogno.

o Capacità di raccordare “le parti” del problema individuato e orientare la persona.

o Capacità di rielaborazione del problema e di progettazione di un percorso di aiuto.

o Capacità di individuare gli specialisti a cui inviare la persona o la coppia.

o Capacità di rappresentare la figura di riferimento principale per l’utente del consultorio.

Merita un’attenzione particolare l’a. degli adolescenti che si rivolgono al consultorio: essa comporta sempre e, ancor di più, l’impegno di ogni operatore a garantire tempo, sensibilità, preparazione e capacità di rappresentare un sicuro riferimento, sia per una semplice richiesta di informazioni, sia per una scelta di comportamento sessualmente responsabile o per problemi più difficili da affrontare.

Non si tratta di dimostrare un simpatico atteggiamento verso di loro, ma di offrire una risposta a un bisogno, una concreta disponibilità all’ ascolto, alla comunicazione, alla comprensione per interagire con lo scopo preciso di affrontare una situazione e indicare un percorso, come ci viene descritto, per esempio, in un’ altra parte di questa pubblicazione a proposito delle richieste di interruzione della gravidanza.

L’impegno quotidiano che ci pone il nostro lavoro è quello di raggiungere le persone con interventi utili al perseguimento degli obiettivi di salute , nel modo più semplice e chiaro, in condizioni di massimo rispetto ed empatia.

Questo richiede sempre attenzione ai diversi livelli di intervento e alle modalità operative istituzionali e professionali che necessitano di analisi e confronto in riunioni frequenti di tutta l’equipe.

Uno strumento di verifica utile per monitorare la percezione di a. da parte degli utenti, è rappresentato dall’uso del questionario di valutazione del servizio , nel quale si chiede alla persona di esprimere un giudizio sull’esperienza vissuta nel consultorio, con particolare riferimento alla prestazione ricevuta e all’aspetto relazionale con gli operatori incontrati.

Prendere in considerazione anche annotazioni e suggerimenti degli utenti, riguardanti i contenuti del servizio e le modalità operative, permette di individuare i punti deboli e i punti forti dell’attività , aiutandoci a metter in atto quei miglioramenti che consentono di accogliere e rispondere in modo adeguato ai bisogni reali.

L’a., in quanto tale, viene così valorizzata e condivisa caratterizzando gli interventi nei diversi ambiti professionali: colloqui sociali, consulenze al singolo o alla coppia, consulenze per separazioni, mediazione familiare, adozione, informazione ed educazione sessuale, colloqui per l’interruzione della gravidanza, coordinamento delle attività, conduzione di gruppi di educazione alla salute

PRIMO COLLOQUIO DI ACCOGLIENZA

Il primo colloquio di accoglienza, rappresenta il primo e il più significativo momento nella costruzione della relazione d’aiuto e richiede una competenza specifica che è quella che caratterizza la formazione e l’operatività dell’assistente sociale. E’ un colloquio molto complesso che assolve a molte funzioni:

* dare e ricevere informazioni;

* decodificare la domanda;

* capire le aspettative;

* fornire possibili risposte;

* definire chi “prende in carico la persona”

Durante il primo colloquio si gettano le basi per il lavoro futuro con l’utente/i, pertanto è necessario mettere in gioco tutto il sapere sociale e le competenze comunicative al fine di:

* mettere a proprio agio l’utente;

* fare emergere le problematiche e i bisogni;

* eliminare eventuali resistenze;

* sciogliere i nodi;

* motivare alla gestione delle problematiche/bisogni.

Durante il primo colloquio, in particolare, emerge la competenza dell’assistente sociale quale esperto della globalità, che ha per sua natura la capacità di fare collegamenti e connessioni fra i vari aspetti di un problema. ( Campanini – Luppi 1988)

All’interno del primo colloquio di accoglienza, oltre le notizie anamnestiche e ambientali, vanno raccolte, in una relazione empatica, tutte quelle informazioni che riguardano gli stati d’animo, le emozioni (paure, ansie, timori) che caratterizzano l’incontro tra l’utente/i e l’operatore.

In particolare nel contesto consultoriale, per le tematiche che caratterizzano tale servizio, emerge spesso da parte dell’utente, la paura di essere giudicato, il timore di non essere capito, la sensazione di inadeguatezza ad affrontare le proprie problematiche e la necessità della tutela della privacy. Anche la desiderio di vedere confermate la propria identità costituisce uno degli elementi comuni del primo colloquio di accoglienza.

Importante quindi che, durante l’incontro tra assistente sociale e cliente/i si insaturi un rapporto di fiducia basato sull’assenza di giudizio, massima comprensione e rassicurazione, che ponga le basi per un eventuale successivo lavoro insieme, volto ad affrontare e soddisfare i bisogni dell’utente.

L’assenza di giudizio oltre essere un atteggiamento insito in ogni “rimando” che l’assistente sociale porge all’utente, può anche essere esplicitato la dove l’utente, con proprie affermazioni, fa emergere sensi di colpa e timori del giudizio sociale ( es. colloqui IVG).

Il riconoscimento che l’assistente sociale offre all’utente/i attraverso rimandi di tipo empatico e una lettura o rilettura e decodificazione dei problemi/bisogni dà l’idea al soggetto di essere stato capito pertanto predispone alla fiducia nelle capacità dell’operatore e nel servizio.

E’ altrettanto importante che l’assistente sociale esprima abilità professionale nel codificare le istanze, non sempre esplicite, portate dall’utente, per dare così un segnale di comprensione , di riconoscimento del bisogno portato, e soprattutto per definire in modo esplicito quali aspettative di risposta abbia la persona nei confronti dell’operatore e del servizio, aspettative che evidenziano anche la sua consapevolezza del piano di realtà. ( Zini- Miodini 1997)

L’accrescimento dell’autostima e delle capacità del soggetto/i vengono potenziate nella misura in cui l’assistente sociale, nel restituire l’analisi del problema/bisogno, coinvolge appieno il cliente/i e lo aiuta a guardare in modo diverso la propria situazione: solo una attivazione della coppia operatore/utente può determinare quella sinergia e collaborazione necessaria alla gestione/soddisfazione del bisogno o alla gestione/soluzione del problema.

Riferimenti bibliografici:

* M. Dal Pra Ponticelli – Dizionario di servizio sociale, AA.VV.

* Documento Gruppo Consultori Laici Milano e Regione Lombardia

* E.Arisi – Ruolo dei Consultori Privati Laici

Note:

(1) Daniela Simone – Accoglienza: da Dizionario di Servizio Sociale – M.Dal Pra Ponticelli Carocci Faber Ed.