La riproduzione e l’IVG in Italia tra etica e scienza

L’associazione Blimunde in collaborazione con il Corso di Ostetricia dell’Università degli Studi di Milano organizza un seminario su salute riproduttiva e aborto, con particolare riferimento all’interruzione di gravidanza e all’obiezione di coscienza in Italia.

La riproduzione e l’IVG in Italia, tra etica e scienza: uno sguardo socio-antropologico
10 Dicembre 2012 – h 17.30-19.30, AULA B – Clinica Mangiagalli Via Commenda, 12 – Milano

Verranno discussi i dati sull’interruzione volontaria di gravidanza tra le donne italiane e le donne straniere residenti nel nostro paese e saranno presentati i risultati di ricerche qualitative su alcuni dei temi che sono al centro del dibattito – l’interruzione volontaria di gravidanza, l’obiezione di coscienza, la sindrome post-aborto – a partire dalla prospettiva delle/gli operatrici/tori di salute e delle/dei militanti del movimento per la vita.

Obiezione di coscienza e bioetica

Obiezione di coscienza e bioetica

commento di Maddalena Gasparini* sul recente parere del Comitato Nazionale di Bioetica

Nel parere del Comitato Nazionale di Bioetica, mentre il diritto all’obiezione di coscienza è “costituzionalmente fondato” le difficoltà che esso crea nell’applicazione di una legge sono menzionate di sfuggita.

Mentre si susseguono dati allarmanti e denunce sul pesante intralcio che l’obiezione di coscienza porta a una legge dello stato, il CNB appronta un parere sul tema. Nel documento pubblicato il 30 luglio 2012 scrive:

“emerge un problema di tutela dell’autonomia professionale sia dal punto di vista della libertà della comunità di professionisti di autoriflettere e determinare le finalità specifiche della professione esercitata, sia dal punto di vista della libertà del singolo professionista nei confronti di una eventuale eterodeterminazione legale riguardo alle finalità del proprio operare” benché “la tutela giuridica dell’obiezione di coscienza non debba limitare né rendere più gravoso l’esercizio di diritti riconosciuti per legge”.

Insomma mentre l’obiezione di coscienza ha a che fare con la riflessione sulla propria professionalità e consegue a “un comando proveniente dalla propria coscienza”, la tutela di diritti riconosciuti per legge ha un rango inferiore. “Quando la legge interviene sulla tutela di un bene fondamentale come la vita o la salute, il valore richiamato dal medico obiettore rappresenta una diversa interpretazione del valore protetto dalla Costituzione”. Così mentre il diritto all’obiezione di coscienza è “costituzionalmente fondato” le difficoltà che esso crea nell’applicazione di una legge sono menzionate di sfuggita.

Le leggi inoltre, si sa, possono essere cambiate: malgrado la Spagna abbia ben altri problemi, Rajoy ha annunciato la volontà di metter mano alle leggi che garantiscono la libertà di decidere (prima fra tutte quelle che riguardano la libertà delle donne).

E’ vero che il parere riconosce l’opportunità di garantire l’applicazione della legge (in specifico della 194) ma senza portare alcun aggravio agli obiettori; anzi precisa che l’Asl “può prevedere forme di mobilità del personale” (un aggravio per i non obbiettori!) ma anche “di reclutamento differenziato atto a equilibrare, sulla base dei dati disponibili, il numero degli obiettori e dei non obiettori”. Resta da vedere se a chi si fosse dichiarato non obbiettore per lavorare venisse poi negato il diritto di cambiare idea (come del resto sottolinea in postilla la cattolica Morresi).

Secondo il CNB all’obiettore “deve essere garantito il diritto di astenersi dallo svolgimento del servizio (pubblico) richiesto dalla legge senza nessun aggravio”. Mentre non c’è alcun riferimento agli aggravi per i non obbiettori. Come sottolinea Flamigni (unico dissidente) l’obiezione di coscienza nel parere è considerato “un vero e proprio diritto della persona, il che ha una conseguenza pratica immediata: l’esercizio dell’obiezione di coscienza non può richiedere alcun impegno “eroico” e non può comportare carichi di servizio aggiuntivi o altri fardelli di sorta”.

In sintesi: il diritto all’odic è di rango costituzionale, mentre quello a un aborto sicuro o alla pillola del giorno dopo e via dicendo sono diritti che discendono da una legge voluta da una maggioranza. Utilizzando e capovolgendo il senso di un’argomentazione spesso avanzata dai sostenitori del “diritto leggero” sui temi etici, l’obiezione di coscienza darebbe l’opportunità di tenere aperta un’attitudine critica rispetto alle decisioni di una maggioranza. Difficile non convenire sull’affermazione, ma allora dov’è il trucco? Che questa critica è lecita solo laddove la legge lo preveda. Cioè nelle leggi che riguardano le donne (e gli animali); infatti oltre la 194/1978, la 40/2004 e la 413/1993 l’altra legge per cui è in discussione l’obiezione di coscienza è quella dei farmacisti (relativamente alla pillola del giorno dopo). Mentre sappiamo che il disegno di legge sulle dichiarazioni anticipate “naturalmente” non la prevede. Il “diritto inviolabile” coincide così ora con l’obiezione di coscienza (alle leggi inerenti la riproduzione), ora con il diritto alla vita dell’ovocita fecondato.

 Viene poi precisato che “la delimitazione soggettiva all’obiezione di coscienza … prevede una posizione più rigida che esige un concorso causale diretto di colui che è legittimato all’obiezione di coscienza e una posizione più aperta (!) che l’ammette anche in casi di partecipazione semplicemente ausiliaria”; di chi parliamo qui? Del barelliere, dell’infermiera, dell’ostetrica, della ferrista; che –in violazione della stessa 194 (art 9 “L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”) – si rifiutano di dare assistenza a una donna che ha abortito.

Insomma la “posizione aperta” per il CNB è quella che estende l’obiezione di coscienza a tutto quanto ruota intorno all’IVG, piuttosto che limitarla all’intervento diretto causale. Difficile non vedere un intento persecutorio.

Perché l’obiezione di coscienza non sia una scelta di comodo, ne vengono definiti gli elementi fondanti: “l’appello a un’istanza etica ulteriore non si basa su una mera opinione soggettiva o su un qualche parere estemporaneo. Il giudizio morale sulla bontà o meno dell’atto e la conseguente … scelta poggiano su un sapere, che tra l’altro dovrebbe essere riconoscibile e comunicabile (si parla di una cum-scientia)”. E’ la cosiddetta obiezione di scienza: la bioscienza ha inevitabilmente margini di incertezza, ma questo non impedisce di prendere decisioni in campo sanitario. Per fare un esempio, il levonorgestrel (la cosiddetta pillola del giorno dopo) previene la fertilizzazione o, a seconda della fase in cui viene assunto, impedisce l’ovulazione. Cionondimeno gli obbiettori rigettano l’evidenza e insistono nel considerare il farmaco un abortivo. “L’elemento conoscitivo è agganciato alla dimensione prettamente morale” si legge nel parere, ma si potrebbe leggere anche che pur di sostenere la propria posizione, gli obbiettori oscurano “gli elementi conoscitivi” scomodi.

In sintesi. C’è un tentativo articolato di dar dignità morale a un’obiezione di coscienza, che non solo non “costa nulla” a chi la mette in atto, ma per esercitare la quale è sufficiente dichiararne l’intenzione. Dopo averli difesi sul piano costituzionale, l’argomentazione difende gli obbiettori sul piano politico-filosofico: “l’obiezione di coscienza assume la funzione di istituzione democratica impedendo che le maggioranze parlamentari o altri organi dello stato neghino in modo autoritario la problematicità relativa ai confini della tutela dei diritti inviolabili”. Introducendo ripetutamente i concetti di diritti inviolabili e fondamentali, il CNB (sottolinea Flamigni) coglie l’occasione per rispondere positivamente a quanti, sostenuti dalla chiesa cattolica, chiedono che la pratica dell’obiezione di coscienza nei confronti dell’aborto volontario sia riconosciuta come istituto di rango costituzionale e ne sollecitano il riconoscimento di “diritto umano inviolabile”. Ma ancor più sottolinea la legittimità dell’obiezione di coscienza solo qualora la coscienza (del professionista) ritenga che l’atto sia lesivo di un diritto inviolabile – cioè il diritto dell’ovocita fecondato alla vita. Se per esempio il diritto inviolabile fosse la libertà?

E qui vengono i distinguo. L’obiezione di coscienza “si presenta come distinta sia dal diritto di resistenza, inteso quale negazione della validità della legge dello Stato e della legittimità dell’autorità statale, sia dalla disobbedienza civile che è tendenzialmente un fenomeno collettivo con lo scopo di evidenziare l’ingiustizia di una legge per indurre il legislatore a riformarla”. Insomma il CNB ci tiene a sottolineare che l’obiezione di coscienza di cui parla non ha nulla a che fare con l’avversità a una legge e le pratiche per modificarla (come nell’originario significato dell’odic), anzi “la volontà di restare all’interno dei dettami dell’ordinamento giuridico … permette di distinguere l’obiezione di coscienza dalla disubbidienza civile, che ha un netto carattere di rivolta generalizzata”.

In poche parole: si all’obiezione di coscienza riconosciuta per legge (costituzionalmente fondata), no all’obiezione di coscienza per dissenso dalla legge (“nei casi di resistenza o di disubbidienza civile la persona deve accollarsi per intero le conseguenze giuridiche del proprio comportamento”).

L’odic viene riservata al rifiuto di svolgere un’azione, ma è esclusa l’obiezione di coscienza “all’obbligo di non fare, la quale implica un comportamento commissivo dell’obiettore e quindi la realizzazione del fatto eventualmente vietato dalla legge”.

In sintesi. E’ opportuno che l’obiezione di coscienza sia prevista dalle stesse leggi che si occupano di questioni etiche (ma non tutte! Si veda per es il disegno di legge già approvato alla Camera sulle direttive anticipate). Negli altri casi si tratta di disobbedienza (alla legge).

Negli ultimi tempi, anche alla luce degli effetti devastanti dell’obiezione di coscienza sulla libertà delle donne di accedere in tempi rapidi all’IVG, più commentatori si erano chiesti perché ai ginecologi sia permesso quello che per es non è concesso a un giudice, un avvocato, un militare. E qui il CNB conferma la sua vocazione – dopo che la Chiesa ha dovuto ridimensionare la sua pretesa – al controllo dei corpi. Prima e ultima frontiera della libertà, mi viene da dire. Infatti “la questione dell’obiezione di coscienza … si propone in misura crescente per via della problematicità e della delicatezza dei temi bioetici e biogiuridici che coinvolgono in modo nuovo e spesso controverso diritti fondamentali dell’uomo …

Per quanto l’obiezione di coscienza possa essere invocata in molti settori della vita sociale, è soprattutto nell’ambito sanitario che si registrano con maggiore frequenza questioni che ne sollecitano un riconoscimento o quantomeno un dibattito su di essa e sulle sue implicazioni”. Sappiamo quanto fino agli anni ’50 del secolo scorso, le professioni sanitarie fossero sotto il controllo della Chiesa (anche diretto, come le scuole infermieristiche o di ostetricia). La progressiva riduzione di questo spazio obbliga la Chiesa a cercare la complicità dello Stato (dei governi) per confermare la sua avversione a ogni forma di autodeterminazione.

C’è qualcosa di buono in questo parere?

Le raccomandazioni finali?

“Nel riconoscere la tutela dell’obiezione di coscienza … la legge deve prevedere misure adeguate a garantire l’erogazione dei servizi.

L’obiezione di coscienza deve essere disciplinata in modo da non discriminare né gli obiettori né i non obiettori … A tal fine, si raccomanda la predisposizione di un’organizzazione delle mansioni e del reclutamento, negli ambiti della bioetica in cui l’obiezione di coscienza viene esercitata, che può prevedere forme di mobilità del personale e di reclutamento differenziato atti a equilibrare, sulla base dei dati disponibili, il numero degli obiettori e dei non obiettori”.

Forse per questo, una sorta di riconoscimento che esiste una legge sull’IVG e che l’obiezione di coscienza crea dei problemi, tutti i componenti (laici e cattolici) del CNB a eccezione di Flamigni l’hanno sottoscritta. Ma pare davvero poco (riconoscere che esiste una legge e che dovrebbe essere applicata).

E rispetto alle proposte concrete, mentre la mobilità è indubbiamente una forma di discriminazione dei non obbiettori (che rischiano di correre da un ospedale a un altro a far aborti) il reclutamento differenziato laddove proposto da alcune Regioni (per es in Puglia) è stato annullato dal TAR.

8 settembre 2012

* Maddalena Gasparini. Neurologa, dal 2003 è vice coordinitrice del Gruppo di Studio di Bioetica e Cure Palliative in Neurologia della Società Italiana di Neurologia e dal 2006 coordina il Comitato Scientifico dell’Associazione G. Cominetta che si occupa di formazione dei sanitari sui temi della fine vita.

Crediti immagine: http://www.women.it/oltreluna/altilcorpoemio/ilcorpoemionopqr.htm

Obiezione di coscienza a Bergamo e in Lombardia

«Il problema maggiore è rappresentato dall’allungamento delle liste d’attesa – spiega Manuela De Vito, presidente bergamasca dell’Associazione italiana per l’educazione demografica -. Se ci sono pochi medici a praticare gli aborti la conseguenza è che bisogna aspettare qualche settimana in più, con il rischio di avvicinarsi sempre più al limite entro il quale si può praticare l’interruzione. Per questo può capitare che si decida di spostarsi a un’Azienda ospedaliera diversa dalla propria, oppure di cambiare addirittura provincia». ] «Il problema maggiore è rappresentato dall’allungamento delle liste d’attesa – spiega Manuela De Vito, presidente bergamasca dell’Associazione italiana per l’educazione demografica -. Se ci sono pochi medici a praticare gli aborti la conseguenza è che bisogna aspettare qualche settimana in più, con il rischio di avvicinarsi sempre più al limite entro il quale si può praticare l’interruzione. Per questo può capitare che si decida di spostarsi a un’Azienda ospedaliera diversa dalla propria, oppure di cambiare addirittura provincia».

Così Manuela De Vito, presidente Aied Bergamo, in un’intervista al Corriere della sera. L’occasione per parlare degli effetti dell’obiezione di coscienza sulla (non) applicazione della legge 194 nel bergamasco viene da un recente convegno organizzato da Aied Bergamo intitolato Diritti proclamati diritti negati.

Obiezione di coscienza – Convegno AIED e Associazione Luca Coscioni

“E’ oramai urgente che le aziende sanitarie dispongano degli strumenti per dare piena attuazione della legge 194. Ricordiamo che in Italia si registrano percentuali di obiezione superiori all’80% tra i ginecologi in regioni come la Basilicata, la Campania, il Molise e la Sicilia”.

E’ un passaggio della dichiarazione congiunta sottoscritta da Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni, Mario Puiatti, presidente nazionale dell’AIED, Mirella Parachini vice presidente della Fiapac, e dirigente associazione Coscioni, Carlo Flamigni, Presidente Onorario AIED, consigliere generale Associazione Coscioni e membro del CNB (Comitato nazionale bioetica).

L’Associazione Luca Coscioni e l’Associazione Italiana per l’Educazione Demografica (AIED) promuovono un convegno che si terrà a Roma il prossimo 22 maggio 2012 per discutere di quali iniziative legislative avviare per far si che entrambi i diritti vengano rispettati, secondo quanto previsto dall’articolo 9 della l.194.

Programma del convegno