Nessun risultato
La pagina richiesta non è stata trovata. Affina la tua ricerca, o utilizza la barra di navigazione qui sopra per trovare il post.
Uomini e salute sessuale. Gli uomini danno troppo spesso per scontato che “tutto funzioni”. La cultura della salute riproduttiva trova le donne molto più sensibili dei loro compagni. Questo documento del Ced illustra in modo chiaro e diretto perché è importante la visita andrologica per i ragazzi, per gli uomini in età adulta e nella terza età.
Oggi l’assenza di un’educazione continua e specifica per i nostri figli e l’abolizione della visita di leva, rendono i nostri futuri uomini a rischio di crescere senza una adeguata conoscenza del proprio apparato genitale e quindi della propria salute sessuale e riproduttiva.
Esistono, in età giovane, patologie come il varicocele e le infezioni delle vie seminali che molto spesso sono asintomatiche e quindi involontariamente trascurate. Il riscontro precoce di tali patologie permette, attraverso una risoluzione tempestiva, di prevenire eventuali danni ai testicoli e ai canali dello sperma, preservando una buona fertilità.
Altrettanto importanti sono le patologie dell’anatomia del pene, come la fimosi e il frenulo breve, che abbastanza frequentemente sono causa di dolore durante i primi rapporti. Argomento a parte che può interessare ragazzi e adulti è l’infezione da HPV, più comunemente conosciuta come condilomatosi genitale, diagnosticabile semplicemente mediante una procedura esterna, indolore, chiamata peniscopia.
Non esistono statistiche e dati ufficiali, ma è certo che negli ultimi anni si è assistito ad un incremento dei casi di infertilità maschile.
Le cause? Molteplici e di diversa natura. Da quelle strettamente mediche, come malattie dell’apparato genitale (il varicocele e le ostruzioni delle vie seminali secondarie ad infezioni trascurate) a quelle sociali. Non mancano infatti le ipotesi, peraltro non ancora scientificamente dimostrate, che incriminano gli inquinanti ambientali come responsabili di molti casi di infertilità maschile.
Da non dimenticare è il fattore età, visto che sono sempre di più le coppie che cercano il primo figlio dopo i 30-35 anni.
Esistono per contro uomini che, per motivi diversi e personali, sono interessati alla vasectomia, che è a tutt’oggi l’unico metodo di contraccezione maschile (in teoria quasi sempre reversibile attraverso un intervento microchirurgico) che garantisce la sterilità nell’arco di 30-40 giorni dall’intervento. Tale procedura è eseguibile ambulatorialmente, in anestesia locale, non necessita di astensione dalle attività quotidiane e non ha alcuna ripercussione sulla funzione sessuale. E’ da ricordare che la vasectomia non è eseguibile con l’ SSN.
Altri problemi come la disfunzione erettiva o l’eiaculazione precoce sono molto più frequenti di quanto si pensi. Oggi siamo in possesso di tutti i mezzi per risolverli (psicosessuologici, farmacologici e chirurgici) e non ha più senso rinviarne la cura, con il rischio di compromettere le relazioni di coppia e talvolta anche quelle lavorative solo perché prestazioni sessuali non brillanti ci hanno resi timorosi di fallire ancora, e quindi insicuri e sfiduciati. Lo stress causato dagli orari impossibili, dai problemi economici e lavorativi sono sempre più spesso causa di disfunzione erettiva, ma non va trascurato il fatto che possano esistere cause organiche (cioè di salute generale) che possono manifestarsi con un disturbo della funzione sessuale.
E’ ormai ampiamente noto che in tutti gli uomini, a partire dai 40-45 anni, si verifica un lento ingrossamento della prostata.
L’ipertrofia prostatica, cioè l’aumento delle dimensioni della ghiandola, è un processo benigno che avviene naturalmente con l’invecchiamento. E’ però dai 50 anni in poi che si rende necessaria una prima valutazione clinica, basata fondamentalmente sulla palpazione della prostata mediante esplorazione rettale, sull’ecotomografia transrettale e sul dosaggio nel sangue del PSA (antigene prostatico specifico).
Queste indagini permettono inoltre di diagnosticare prostatiti molto spesso asintomatiche. Dal punto di vista oncologico tali esami consentono di identificare tumori maligni in fase iniziale; ciò si traduce in una più ampia possibilità di scelte terapeutiche e soprattutto in una prognosi migliore.
Andrologia perché (file in .pdf)
Immagine:
Angello Lopez
È un intervento ambulatoriale effettuato dall’urologo in anestesia locale. Dura dai 10 ai 30 minuti. Consiste nella legatura e interruzione dei canali che portano gli spermatozoi nel liquido seminale, chiamati dotti deferenti.
Gli spermatozoi, infatti, sono creati nei testicoli. Durante l’orgasmo sessuale percorrono i dotti deferenti e si mescolano con lo sperma, prodotto da una ghiandola che sta sotto la prostata. Se durante il coito uno degli spermatozoi incontra l’ovulo femminile, può avvenire la fecondazione: in questo caso i due gameti (spermatozoo e ovulo) si uniscono a formare una nuova cellula, che diventerà embrione. La vasectomia serve dunque ad impedire la fecondazione.
A seconda della tecnica, viene utilizzato un bisturi o un ago. La tecnica con ago si chiama no scalpel vasectomy e in Italia è poco conosciuta e dunque poco utilizzata.
Nella tecnica con bisturi, il dottore fa uno o due piccoli tagli nella pelle dello scroto attraverso cui sono isolati i dotti deferenti. Il dottore li taglia e da ciascuno rimuove un pezzetto. Le punte tagliate vengono legate. Le ferite dello scroto sono poi suturate con punti riassorbibili che di solito si sciolgono entro una settimana.
Posto che la percezione del dolore è soggettiva, gli uomini che hanno fatto la vasectomia con modalità chirurgica riferiscono una sensazione simile o minore a quella di una operazione dal dentista. Dopo l’operazione rimane per qualche giorno un piccolo livido e un lieve indolenzimento.
Viene prescritto un antibiotico. Entro una settimana, generalmente, i punti sono riassorbiti e la parte dove c’era la ferita torna alla normalità. Si consiglia di stare a riposo per almeno un giorno ed evitare sforzi fisici per una settimana.
No, ci vogliono dai 2 ai 4 mesi di tempo ed una serie di eiaculazioni perché lo sperma sia effettivamente privo di spermatozoi attivi. Per questo è necessario verificare l’assenza di spermatozoi attraverso uno spermiogramma (esame dello sperma). Fino a quel momento, dovrete usare un altro contraccettivo se volete essere sicuri di evitare la fecondazione.
Sì, da questo punto di vista non ci sono cambiamenti.
La vasectomia ha lo scopo di rendere sterile l’uomo. Ricanalizzare i dotti deferenti con una nuova operazione è un intervento difficile e con scarse possibilità di successo. Se eseguita nel modo corretto, la percentuale di fallimento è lo 0,2%.
La sterilizzazione è una scelta che richiede una profonda riflessione, come avviene per tutte le scelte irreversibili (anche quella di avere figli lo è). Se maturata in consapevolezza difficilmente una scelta esistenziale porta con sé rimpianti, ma nessuno può mettervi al riparo da questo rischio.
Nessuna legge vieta la vasectomia e nessuna legge la regolamenta in modo specifico. La risposta esatta a questa domanda è che la sterilizzazione volontaria non è punibile.
Il divieto alla sterilizzazione è stato eliminato dalla legge 194 del 1978, la legge sulla interruzione volontaria di gravidanza, che ha abolito il Titolo 10 del Codice penale intitolato Dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe.
Nel 1982 alcuni medici che facevano sterilizzazioni, tra cui Giorgio Conciani, sono stati incriminati per il reato di lesione grave permanente. Con la legge 194 veniva a cadere la norma specifica che vietava la sterilizzazione e così si tornava nella norma generale (art. 5 codice civile): questa la sostanza dell’accusa dei magistrati. Ciò che prima veniva punito con la reclusione massima di 3 anni, sarebbe stato punito con la reclusione massima di 12 anni.
Nel 1987 la Suprema Corte di Cassazione (Cass. Pen. Sez. V, 18 Marzo 1987, n. 438, n. 15258/85 del Registro Generale) con la cosiddetta “sentenza Conciani” ha stabilito invece che la sterilizzazione consenziente non viola il codice penale. Ha invitato il Parlamento a regolamentare, cosa che non è mai stata fatta.
Non siamo a conoscenza di strutture pubbliche che pratichino la sterilizzazione volontaria maschile senza restrizioni (come ad esempio l’età, avere già figli, etc.). Le strutture pubbliche la offrono (non sempre) a certe condizioni che variano non solo tra una Regione e l’altra, ma anche all’interno della stessa Regione.
Non esistono linee guida nazionali. La sanità pubblica è organizzata su base regionale, quindi dipende dalle singole Regioni istituzionalizzare i percorsi di accesso alla vasectomia negli ambulatori e ospedali pubblici o convenzionati. Nessuna lo ha fatto.
A ciascuna prestazione erogata dal sistema sanitario deve corrispondere un tariffario (DRG) definito dalla Regione. Il DRG è un indicatore di spesa nel nomenclatore tariffario regionale. In quasi tutte le Regioni italiane la vasectomia è prevista solo per casi specifici che hanno un profilo di rischio, cioè quando siano rilevate patologie.
In Lombardia esiste un DRG per “sterilizzazione maschile”, quindi la possibilità è prevista. Il percorso, però, è variabile a seconda della ASST di riferimento. Alcune ASST prevedono, oltre alla visita preliminare con l’urologo, una visita psicologica e una psichiatrica, per poi tornare dall’urologo per l’operazione. I siti istituzionali della Regione Lombardia non offrono indicazioni nel merito.
Non esiste questa possibilità per gli urologi
In Lombardia costa circa 500 €, più le visite preliminari.
Il costo varia dai 500 € ai 6000 €. La differenza di costo non è in alcun modo giustificata da differenze nel servizio o nella qualità dell’operazione. Si tratta di pura speculazione commerciale. Un buon servizio si può avere già con 500 €.
Difficile rispondere a questa domanda se non prendendo in considerazione il contesto italiano, in cui questa tecnica non è insegnata nei corsi di specializzazione per urologia, non è considerata dai siti istituzionali di orientamento sanitario, non è definita da percorsi sanitari regionali. Avvolta da un’aura di mistero e di presunta non liceità, viene venduta a caro prezzo.
In Francia, per esempio, la vasectomia a scopo di sterilizzazione volontaria è rimborsata dal Sistema sanitario nazionale e costa 68 €.
Non tutti gli urologi sono preparati su questa tecnica. Sia perché non viene fatta una formazione specifica nei percorsi di specializzazione sia perché, come accade per tutte le operazioni chirurgiche, anche questa è una tecnica che si apprende praticandola.
In Italia l’argomento è quasi tabù. Non esistono pagine su siti istituzionali dedicati all’argomento né dal punto di vista medico né di quello di orientamento ai servizi. Il sito della Società italiana di urologia non dà informazioni.
Nei paesi anglosassoni la vasectomia è più diffusa. Negli Stati Uniti l’ha scelta il 6,8% degli uomini fra i 15 e i 44 anni, in Inghilterra il 21% degli uomini fra i 16 e i 49 anni. In Europa, è la Spagna il paese in cui vi si ricorre con più frequenza: il 7,2% (dati riferiti al periodo 2008-2014, fonte Nazioni Unite).
Potete telefonare o scrivere ai contatti dei consultori privati laici oppure scrivere un commento qui (attenzione: le risposte pubblicate sul sito non sostituiscono un consulto medico)
Ti invitiamo a lasciare il tuo commento su questo articolo.
Carlo Bernabei (medico legale), Marco Firmo (andrologo Aied Brescia), Anna Fracassi (ostetrica), Mario Puiatti (presidente nazionale Aied), Pietro Puzzi (ginecologo, Comitato contraccezione gratuita e consapevole), Rosanna Sestito (ostetrica), Fabrizio Scroppo (Società italiana di urologia), Massimo Srebot (ginecologo primario dell’Ospedale di Pontedera e Volterra).
Le seguenti strutture private ci sono state segnalate da uomini che si sono sottoposti a sterilizzazione volontaria in Lombardia. In queste sedi non sono previste limitazioni (avere una certa età, essere padri, avere il consenso della partner) e il costo dell’operazione è inferiore ai 600 euro.
Rita Charon, una delle maggiori studiose di Medicina Narrativa (vedi anche “Che cos’è la medicina narrativa?” e “Malattia come opportunità?“) propone l’utilizzo di una cartella parallela. Si tratta di uno strumento complementare alla cartella clinica, il tradizionale documento che accompagna il/la paziente nel suo iter di cura.
La cartella clinica è uno strumento di lavoro fondamentale perché permette il passaggio di conoscenze e informazioni sullo stato di salute del/la paziente, principalmente concentrata sui dati biomedici. Costituisce anche l’atto attraverso cui avviene il rimborso del ricovero sanitario.
La cartella parallela è uno spazio complementare che raccoglie sia il modo di vivere, di pensare del paziente preso in carico ma anche le sensazioni, impressioni, reazioni, riflessione del medico. Per questo è uno spazio di scrittura “integrativa”.
La cartella parallela è solitamente una pagina bianca, uno spazio di scrittura dove il curante (Medico) scrive le sue impressioni evocate dal paziente, e anche i fatti, non solo quelli clinici, ma anche le vicende umane del paziente, del contesto organizzativo (es. reparto), la rete sociale, famigliare.
Nella cartella parallela si scrive in lingua corrente ciò che la relazione col paziente provoca nel medico utilizzando qualsiasi mezzo linguistico: metafore, brevi flash, o annotazioni per descrivere e prendere nota dell’impatto del paziente sul medico.
Non è uno scritto intimo ma è una scrittura che parlando degli impatti del paziente sulla relazione medico/paziente può raccontare di sé (Medico), di quelle parti che entrano in gioco al di là del ruolo funzionale. Con ogni paziente entra in gioco un sé differente e differenti parti di noi. E’ la relazione che intercorre tra medico e paziente che diventa guida dell’esperienza di diagnosi o di cura.
La cartella parallela aiuta ad essere centrati sul paziente e consente di tenere conto del suo desiderio di condividere le informazioni e decisioni. Essa offre l’opportunità d’esplorare l’esperienza della malattia non solo dal punto di vista della diagnosi ma anche dal punto di vista del paziente, trovare un terreno comune tra medico e paziente (partnership) nella definizione del percorso di cura. La cartella parallela consente di mettere a fuoco problemi, priorità, obiettivi, i rispettivi ruoli, comprendere la persona nella sua totalità (incluse le sue emozioni ) e il suo contesto (la famiglia e gli effetti che la malattia ha sulla sua vita). Inoltre permette di raccogliere le idee del paziente a proposito del problema e le sue sensazioni, di ascoltare che cosa si aspetta dalla visita medica e quali informazioni desidera.
• Nel colloquio diagnostico le narrazioni che si possono ascoltare e sintetizzare costituiscono la forma entro cui il paziente sperimenta e descrive il proprio malessere
• un interscambio relazionale favorisce l’empatia e la comprensione tra medico paziente
• permette la costruzione di significati
• fornisce utili indizi e classificazioni
• può fornire informazione, elementi di confronto e presa di consapevolezza tra gli operatori di un team di cura
Quale è la funzione della Cartella Parallela nell’interazione tra paziente e professionisti
• lo scambio di narrazioni agevola il ricordo di passaggi complessi
• da voce all’esperienza
• potenzia la riflessione
Le narrazioni scritte all’interno della cartella parallela possono quindi diventare uno strumento di presa di consapevolezza più ampio, con ogni paziente entrano in gioco fattori relazionali e variabili differenti che stimolano modalità relazionali diverse; più è costante l’utilizzo della cartella parallela, maggiori sono gli aspetti che possono emergere inerenti alle modalità di comunicazione agite, da quelli più contestualizzati ad una specifica relazione di cura, ad elementi di riflessione e presa di consapevolezza relativi ai propri atteggiamenti.
Charon R., Narrative medicine: honoring the stories of illness, Oxford University Press, 2006
Charon R., Narrative Medicine. A model for Empathy, Reflection, Profession, and Trust, American Medical Association, 2001
[PDF] 2001 Narrative http://www.cnopus.it/file/assistenza2014/chesi_mednar.pdf
Marina Mariani
4/10/2018
Via Cefalonia 49, tel. 030220169
La pagina richiesta non è stata trovata. Affina la tua ricerca, o utilizza la barra di navigazione qui sopra per trovare il post.
Dopo avere spiegato in un post precedente che cosa è la medicina narrativa, riflettiamo sul rapporto tra scrittura d’esperienza e racconto autobiografico e medicina narrativa a partire da una proposta editoriale del Corriere della sera. Una proposta interessante ma che che va letta alla luce del fatto che il puro e semplice racconto da parte del malato della sua esperienza della malattia, infatti, non avvia di per sé un processo riflessivo. Vediamo perché.
In queste settimane il Corriere della Sera, all’interno dell’inserto Corriere Salute, ha aperto un blog multi-autore dal titolo Malattia come opportunità con l’obiettivo di aprire un confronto con le persone malate e gli operatori sanitari. Il proponimento del Corriere Salute è sfidante: “considerare il rovescio della medaglia della malattia, valutata non solo come aspetto negativo ma anche come opportunità di stimoli, di aspetti positivi”.
Lo spunto del progetto proviene dall’ambiente dei professionisti della cura e l’elemento di interesse per quanto mi concerne sta nel fatto che la richiesta di narrazioni è rivolta sia alle persone malate sia ai professionisti della salute e della cura. I medici sono invitati a raccogliere testimonianze di persone malate per farne oggetto di riflessione personale e anche di studio.
Questa modalità di considerare la medicina narrativa come veicolo di riflessione e di studio mi ha riportato alla mente un enunciato di Laura Formenti:
“La risorsa più preziosa nell’educare un soggetto adulto è la sua esperienza. Oggi sempre più, con sempre maggiore forza e convinzione, chi fa formazione proporne attività e laboratori nei quali si impara – riflessivamente – da quello che si è già fatto, detto, pensato, provato.” (1)
Ora questa modalità di scrittura, in ambito formativo, viene definita “scrittura esperienza” ad orientamento biografico.
E’ una esperienza di scrittura che offre l’opportunità di mettere in ordine in ogni suo aspetto (cognitivo, emotivo, psichico, fisico) gli avvenimenti vissuti e l’ esperienze personali siano esse di vita o professionali.
In ambito formativo e non solo, l’orientamento autobiografico pone l’accento su un apprendimento adulto, apprendimento che si esplica attraverso pratiche riflessive, narrative, di reciprocità.
Esse si caratterizzano per la presenza di quattro criteri generali:
Come scrive Laura Formenti, “il soggetto adulto non riceve una educazione, ma semmai vi entra come in un contesto che lo riconnette alla propria educabilità”
Da questo punto di vista possiamo definire come “autobiografico” ogni metodo volto a cogliere la soggettività, l’unicità, la vitalità del soggetto adulto e delle sue esperienze di trasformazione ed espressione di sé, compreso le pratiche di attribuzione di senso delle esperienze stesse.
La scrittura di esperienza è un metodo che può esprimersi attraverso la narrazione, spontanea o suscitata, continuativa o occasionale, fatta per sé o fatta per gli altri, di micro eventi significativi e ben focalizzati oppure diventare un percorso di riflessione della propria vita, composta non solo di fatti e di episodi, ma anche di sensazioni, valutazioni, giudizi, pensieri, emozioni e sentimenti.
Tenendo conto delle premesse sopra descritte possiamo inserire la medicina narrativa nel campo delle scritture di esperienza. Ma il puro e semplice racconto da parte del malato della sua esperienza della malattia non avvia di per sé un processo riflessivo. Il racconto è l’indispensabile passo ma affinché ci sia riconoscimento dei processi di apprendimento occorre che la narrazione non sia unidirezionale (medico/paziente) ma circolare (paziente/medico-medico/paziente) per riflettere sul senso comune della medicina, su quali siano le credenze e/o miti che possono ostacolare o migliorare la relazione processo di compliance sia da parte del medico sia da parte del paziente e della sua rete sociale.
E’ all’interno di questa cornice relazionale (medico/paziente) che possiamo considerare la narrazione in medicina (narrative-based-medicine) una prassi medica esattamente come l’anamnesi tradizionale o l’esame obiettivo. La medicina narrativa è un pratica dove il paziente non è un “caso” né un oggetto di narrazione ma un narratore che oltre ad essere portatore di esperienze e conoscenze è impegnato a riscoprire il senso del vivere, a individuare una via d’uscita al “per sempre” della malattia cronica. Il solo approccio biomedico focalizzato sulla diagnosi si trova a mancare il bersaglio poiché la scienza è attenta a ciò che il corpo “fa e produce” è poco focalizzata sulla fiducia nella competenza dei soggetti a individuare nuovi significati che permettono di simbolizzare la sofferenza e possibilmente riscoprire il senso del vivere.
Giorgio Agamben, Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Einaudi Torino 1995
Laura Formenti, La formazione autobiografica. Confronti tra modelli e riflessioni tra teoria e prassi, Guerini Studio 1998; (1)
Laura Formenti, Linden West Before, Beside and After (beyond) the Biographical Narrative editoreNisaba Verlag, 2016
B.J. Good Narrare la malattia. Lo sguardo antropologico sul rapporto medico-paziente tr. Edizioni di Comunità Torino 1999
Commenti recenti