Pubblichiamo la lettera aperta che LAIGA (Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194) ha inviato al Ministro sulla relazione al Parlamento sullo stato di applicazione della legge 194.
LAIGA denuncia che “l’attuale Ministro, a fronte di una assoluta drammaticità della situazione, non si limita a riferire i dati, ma li inserisce in un contesto ideologico inaccettabile” e sottolinea la non coincidenza tra i dati raccolti dal Ministero e quelli raccolti dalla Associazione.

Gentile Signor Ministro,

Le scriviamo con la convinzione di meritare tutta la Sua attenzione, dal momento che la nostra associazione, LAIGA (Libera Associazione Italiana dei Ginecologi per l’Applicazione della legge 194), raccoglie quella piccola parte dei ginecologi italiani cosiddetti “non obiettori”, cioè quegli operatori che, pur fra mille difficoltà,  si fanno carico di applicare una legge dello Stato.

Abbiamo recentemente svolto un monitoraggio dello stato di applicazione della legge 194 nel Lazio, che ci ha confermato la sensazione dell’esistenza di uno scollamento fra i dati ufficiali contenuti nella relazione al Parlamento del precedente Ministro della Salute, e i dati  reali da noi raccolti. Purtroppo, siamo costretti a riferirci ai dati della relazione del 2011 – relativi all’anno 2010 – perché Lei, nonostante la legge La impegnasse a presentare la relazione entro febbraio, ad ottobre non l’ha ancora fatto.

Le ricordiamo che si tratta di un atto dovuto, non soltanto per obbligo di legge, ma anche per la salute riproduttiva, che dovrebbe essere uno degli obiettivi prioritari del Suo Governo; la relazione di quest’anno è peraltro particolarmente importante, perché dovrebbe riportare anche i dati relativi all’aborto farmacologico in Italia.

I dati in nostro possesso, seppur frammentari, parlano di differenze enormi tra le varie Regioni riguardo la possibilità di utilizzo di questa metodica: in molte parti del nostro Paese, infatti, è ancora praticamente impossibile accedere all’aborto farmacologico.

Eppure non si tratta di un capriccio: poiché l’aborto farmacologico viene praticato in epoche gestazionali precoci (entro la settima settimana), e poichè l’incidenza di complicazioni è tanto minore quanto più precoce è l’epoca gestazionale, permettere l’accesso a questa metodica è un’azione a tutela della salute delle donne.

A questo proposito, in tempi di crisi economica e di “spending review”, Le  proponiamo un argomento di riflessione, che speriamo possa tradursi presto anche in “agire” di governo: nel nostro Paese (con l’eccezione dell’Emilia Romagna e dell’Umbria) l’aborto farmacologico viene eseguito in regime di ricovero ordinario (cioè si occupa un posto letto per tre giorni!), in acritica osservanza di un parere del Consiglio Superiore di Sanità, che ha volutamente ignorato i dati riportati dalla letteratura scientifica internazionale nonchè le pluridecennali esperienze sanitarie degli altri Paesi.

Le facciamo notare che la scelta di eseguire l’aborto farmacologico in regime di Day Hospital abbrevierebbe i tempi di attesa, ridurrebbe l’incidenza di possibili complicazioni, e permetterebbe di ridurre notevolmente i costi per il nostro Sistema Sanitario Nazionale, con un più razionale utilizzo dei posti letto.

Siamo certi che Lei, Ministro di un Governo “tecnico”, vorrà raccogliere questo nostro appello e vorrà incontrare con sollecitudine i “tecnici” che operano nella Sanità pubblica, per analizzare e risolvere le criticità di questo delicato settore.