Mangiare in modo sano? Impariamolo con le fiabe

Educazione alimentare di bambini e adolescenti. Suggerimenti educativi nel libro di Teresa Denise Spagnoli. Le fiabe per imparare a mangiare in modo sano. Un aiuto per grandi e piccini, editore Le Comete Franco Angeli

Con Homus dieteticus abbiamo gettato uno sguardo nel mondo degli adulti. Ora proviamo immedesimarci nel mondo dei piccoli e degli adolescenti con questo libro di Teresa Denise Spagnoli (*).

Per una educazione alimentare piacevole

Come possiamo aiutare genitori, nonni a trasmettere una educazione alimentare sana, equilibrata? Come contrastare la pubblicità martellante di merendine, chips, bibite gasate senza inculcare l’ossessione delle calorie? Come rendere piacevole l’esperienza del cibo  attraverso un rapporto sensoriale, gustativo, esente da eccessi, coerente con le necessità nutrizionali e la salute? Queste sono alcune delle domande alle quali Teresa Denise Spagnoli cerca di rispondere in modo creativo ma rigorosamente scientifico.

Non è facile cambiare una abitudine alimentare, introdurre regole alimentari che possono contrastare la seduzione di bevande o cibi trendy, molti dei quali fungono da passepartout sociale sia per adulti che bambini.  Un esempio per tutti/tutte: le patatine fritte o le caramelle.

Il libro ha come obiettivo quello di fornire dei suggerimenti educativi alle famiglie che vogliono  trasmettere ai loro figli una alimentazione sana senza che questo diventi un elemento ossessivo del vivere quotidiano. Con il supporto di fiabe, tradizionali e non, l’autrice informa sui fondamenti nutrizionali che sono alla base di una sana alimentazione. Una delle principali motivazioni alla divulgazione di una alimentazione equilibrata proviene dai molti studi sull’educazione alimentare che evidenziano come una non corretta alimentazione influenzi negativamente i livelli di attenzione di alunni/alunne. Ma anche come una inappropriata ripartizione di energia nei diversi pasti, o  un apporto insufficiente di vitamine, sali minerali o alimenti poveri di nutrimenti protettivi possano avere un impatto non positivo sulla salute di bambini / bambine e per questo  come sia fondamentale attivare fin dall’infanzia una educazione alimentare sana e equilibrata.

Perché la fiaba?

La scelta è frutto dell’esperienza dell’autrice sul campo dell’educazione alimentare(*). La fiaba – spiega – è una narrazione di immediata comprensione per i nostri giovani ascoltatori.  Essa offre  grosse potenzialità in ambito relazionale e cognitivo specialmente se letta ad alta voce, Genitori ed educatori sono guidati a riscoprirne le potenzialità.

Leggere fiabe ad alta voce permette al bambino dal punto di vista relazionale di condividere emozioni e rafforzare il proprio legame con l’adulto e dal punto di vista cognitivo d’apprendere il lessico famigliare. Apprendendo il linguaggio dei genitori il bambino inizia ad comprendere la forma e la struttura di un testo trovandosi poi agevolato nell’apprendimento della lettura e della scrittura (ricerca dell’American Accademy of Pedriatries 2014).

Inoltre  la fiaba offre la possibilità di sviluppare la capacità di risolvere problemi. Le storie tradizionali pongono problemi (l’eore/eroina hanno sempre un compito da portare a temine), risolvono problemi (con aiutanti, pozioni, bacchette magiche) e vedono l’eroe/eroina protagonisti della soluzione. Una fiaba presenta sempre un contesto di equilibrio che viene interrotto da un incidente,  si causa una situazione di crisi che proietta l’ero/ l’eroina  in un contesto non conosciuto dove viene messo alla prova. Alla fine del racconto un nuovo equilibrio viene conquistato e il nostro eroe/ eroina scopre in se abilità che non pensava di possedere o ritorna a casa con nuove scoperte. Scrive Teresa Denise Spagnoli che i racconti più efficaci sono quelli che contendono messaggi positivi e che  hanno un lieto fine.

La fiaba offre la possibilità d’ esprimere un conflitto veicolando l’opportunità di una soluzione efficace per il/la protagonista. E’ questo il potenziale nascosto che ci permette di utilizzarle per affrontare insieme ai nostri bambini/e il loro rapporto con il cibo, le loro esplorazioni rispetto al gusto e l’orientamento alimentare

Fate vitamine e fame da orsi

Teresa Denise Spagnoli ci dice che le fiabe più utili per educare i bambini, ad una sana alimentazione, sono quelle che contengono messaggi positivi collegati al cibo: “per esempio il protagonista mangiando un cibo sano cresce, libera un castello da un incantesimo”.

Attraverso la fiaba l’autrice affronta i temi fondamentali di una sana alimentazione e suggerimenti per una corretta distribuzione dei pasti durante la giornata. Nell’incontro con le fate vitamine imparo a sperimentare nuovi sapori. In “colazioni da fiaba” con Aurora esploro il regno del ghiaccio, in una fame da orso faccio la conoscenza di una palla di pelo, senza per questo dimenticare Dorino e lo scrigno dei ricordi perduti o il gran Ballo di mezza estate.

Ciascun capitolo offre tappe di un percorso che, a partire dalle evidenze scientifiche, conduce il lettore ad apprendere gli strumenti per impiegare al meglio le fiabe e sviluppare, attraverso il coinvolgimento, una equilibrata nutrizione nei bambini e negli adolescenti. Ogni capitolo è corredato da una scheda per bambini collegata alla fiaba, letta e condivisa, una scheda per educatori (per rielaborare le fiabe) e una scheda mamma/papà, nonni con molti consigli pratici  per riuscire a mettere in pratica le indicazioni nutrizionali del libro.

Consigli di lettura

Per chi  vuole approfondire mondo della fiaba
•       Morfologia della fiaba Vladimir Propp ed. Einaudi
•       Il mondo Incantato Bruno Bettelheim  ed. Feltrinelli
•       Le Fiabe Italiane Italo Calvino ed. Mondori
•       Fiabe Grimm. J.- Grimm. W ed. Einaudi

Per chi ha curiosità in campo nutrizionale
•       Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Tabelle di composizione degli alimenti Edizioni EDRA 2000
•       Cura delle malattie con ortaggi frutta e cereali Jean Valnet  ed AldoMartello- Giunti
•       Mangiare Meditterraneo Alimentazione biologica e cucina energetica Giulia Fulghesu ed tecniche nuove

Per gli amanti dei racconti culinari un piccolo assaggio
•       Estasi culinarie Muriel Barbery ed tascabili e/o
•       Ratatouille https://www.youtube.com/watch?v=ujmOP4_k7-Q

*Teresa Denise Spagnoli, dirigente medico del Servizio Sanitario Nazionale in Scienza dell’Alimentazione e Dietetica, si occupa da anni dell’educazione alimentare dei bambini. Per il lavoro di ricerca, svolto nell’ambito della Nutrizione e dell’Alimentazione, ha ricevuto nel 2011 il “Premio Professionista della Nutrizione” al 5° Forum Internazionale di Nutrizione Pratica.
Cesare Lo Monaco (César), ‘autore dei disegni, è illustratore, fumettista e umorista, presente nel Dizionario degli Illustratori contemporanei www.cesarlomonaco.it

#cibo, #salute infanzia; #imparare dalle fiabe; #educazione alimentare; #mangiare in modo sano; #alimentazione

Integratori alimentari in gravidanza

Integratori alimentari in gravidanza, sono necessari sempre e comunque? In questa scheda vi spieghiamo perché una dieta completa ed equilibrata è da preferire all’assunzione di vitamine ed oligoelementi, che vanno somministrati dal medico solo su casi ed esigenze specifiche da valutare attentamente. Anche perché gli effetti collaterali non mancano, sia durante che dopo il parto.

Appena inizia la gravidanza, spesso si parte con la prescrizione dell’acido folico 400 mg – che andrebbe iniziato prima della gravidanza per prevenire l’insorgenza della spina bifida – della vitamina B12, del ferro, del fluoro e a volte di complessi multivitaminici. C’è l’idea che più vitamine si prendono, meglio è. Troppo di frequente, invece, non si spiega perché vengano somministrate e soprattutto quali siano gli effetti collaterali dell’assunzione prolungata degli integratori alimentari.

MEGLIO UNA DIETA CORRETTA

Un’alimentazione varia ed equilibrata durante la gravidanza garantisce l’apporto di tutte le sostanze necessarie per la mamma e per il/la nascituro/a. La dieta corretta prevede:

  • cereali (riso, pasta, farro, orzo, ecc) meglio se integrali
  • legumi
  • verdura e frutta di stagione
  • semi vari (lino, zucca, girasole, mandorle, pinoli)
  • proteine animali in quantità ridotta e soprattutto di origine diversificata (carne di coniglio, pollo, manzo, pesce, latticini di capra e di mucca)

ISOLARE L’ELEMENTO PROVOCA LA PERDITA DELL’ENERGIA VITALE

Le vitamine e gli oligoelementi presenti nei cibi sono disponibili naturalmente nella concentrazione corretta per la loro assimilazione. Dunque sono assorbiti dall’organismo in modo più rapido ed efficace rispetto ai prodotti artificiali. Se, invece dell’alimento intero, introduciamo attraversi gli integratori i componenti scissi e separati, otteniamo l’aumento forzato del singolo elemento e la conseguente alterazione di altri elementi presenti nell’organismo. La frammentazione di un elemento provoca inoltre la perdita dell’energia vitale dell’alimento nel suo complesso, rimane qualcosa di “morto” che non ci nutre in profondità.

NO ALL’USO INDISCRIMINATO DI VITAMINE

Ogni alimento ha una sua energia in relazione al luogo di crescita, alla stagione in cui matura, alla sua forma, al suo colore, al fatto che si sviluppi sottoterra o verso l’alto, ed inoltre comprende al suo interno una varietà di nutrienti con delle loro precise proporzioni e rapporti.
Anche nel nostro organismo esistono rapporti tra sostanze. Se, ad esempio, somministriamo la sola vitamina A, indurremo nell’organismo la necessità di tutti gli altri elementi che in genere la accompagnano. L’uso indiscriminato di vitamine, inoltre,è da evitare perché abituare l’organismo a un quantitativo eccessivo ne indebolisce la sua capacità di assimilazione in situazioni di normalità.
E in gravidanza? Assumere troppe vitamine può compromettere il delicato equilibrio esistente fra di esse con il rischio di creare gravi stati di disvitamitosi (1).

IL CORPO RIFIUTA QUELLO CHE NON SERVE 

Il corpo cerca di eliminare le sostanze in eccesso, attraverso vie di scarico che in genere sono a livello intestinale, renale o cutaneo. Nella pratica clinica osserviamo sempre di più bambini con dermatiti fin dai primi giorni di vita. La causa è complessa, ma a volte una semplice attenzione alla dieta della madre che allatta e la sospensione del complesso vitaminico che sta assumendo comporta un miglioramento notevole della pelle del bambino.

INTEGRATORI: SOLO RARAMENTE SONO NECESSARI

A volte, durante la gravidanza, alcune madri possono non assorbire tutto quello di cui hanno bisogno. Ma  questa evenienza è piuttosto rara, se si segue una sana alimentazione, e va individualizzata e aiutata di conseguenza.

Tratteremo qui alcune delle sostanze che vengono più frequentemente prescritte in gravidanza: magnesio, ferro, fluoro e acido folico.

MAGNESIO 

È un oligoelemento che va molto “di moda” e che anche in gravidanza è considerato una panacea per tutti gli stati di tensione psicofisica: dall’ipercontrattilità uterina all’insonnia, all’irritabilità. Il bisogno di magnesio aumenta quando l’alimentazione è ricca di carboidrati, in caso di infezioni, in inverno e in gravidanza. La mancanza di magnesio può essere espressa da sintomi quali crampi agli arti inferiori, ansia a volte con impressione di morte imminente o attacchi di panico, ipersensibilità, iperattività, insonnia, affaticamento, movimenti involontari degli occhi, della lingua e dei muscoli in genere, palpitazioni, extrasistole, aritmia, sindrome di Raynaud, ipertrofia prostatica, enuresi notturna, calcoli renali, nausea e vomito. Ci possono essere anche dei sintomi da eccesso fra cui possiamo ricordare sete, vampate di calore, debolezza muscolare, pressione bassa del sangue, confusione, perdita dei riflessi, depressione, diminuzione del respiro.

  • Rischi del sovradosaggio del magnesio

Possiamo ipotizzare che dato in “sovradosaggio” in una donna in gravidanza possa provocare (come la vasosupprina che fortunatamente ora viene meno usata) una decontrazione anche delle pareti uterine che perdono quindi la capacità di massaggiare il bambino. Non viene perciò stimolata la sua percezione cutanea con perdita di quell’azione che, oltre a essere utile per il suo sistema immunitario, svolge una funzione contenitiva così importante per la vita extrauterina. Possono diventare bambini che richiedono, alla nascita, quello che non hanno avuto durante il periodo intrauterino, hanno bisogno di essere tenuti molto in braccio giorno e notte per recuperare lo stimolo perso.

  • Dove si trova

La donna incinta necessita giornalmente di un apporto di magnesio di 450 mg il dì, circa 100 mg in più rispetto al fabbisogno usuale. È un oligoelemento che si trova nei semi di girasole, nei fagioli di soia, nei semi in genere soprattutto nelle mandorle, nel pesce, nelle farine e nel riso integrale, nei frutti di mare, nei legumi, nei vegetali a foglia verde e nel cioccolato.

Diete ricche di calcio possono inibirne l’assunzione, come pure la presenza di vitamina D o un uso eccessivo di alcoolici, dolci, grassi saturi e latte. Nel diabete, nelle malattie renali o cardiache, nell’uso prolungato di antibiotici, della pillola e di diuretici, si può avere una sua carenza. Una dieta ricca di latticini e povera di prodotti integrali può portare a un deficit nell’assorbimento di magnesio e un aumento di calcio nei tessuti.

Un rischio che non ne venga assunto a sufficienza con l’alimentazione è legato alla consumazione di vegetali coltivati in terreni che non vengono ruotati e dove si usano pesticidi e diserbanti, che lo riducono. Per recuperare questo elemento bisogna stare attenti alla provenienza del cibo e usare prodotti preferibilmente integrali cosa del resto consigliata anche per altri motivi in gravidanza (vedi diabete gestazionale).

FERRO

È molto prescritto soprattutto nell’ultimo periodo della gravidanza quando fisiologicamente la donna si anemizza per prepararsi al parto. Le anemie legate a una carenza di ferro sono visibili da un valore basso del volume e nel numero dei globuli rossi che si ricava con l’emocromo richiesto fra gli esami del sangue durante l’epoca gestazionale. Il volume troppo grande dei globuli rossi significa invece insufficienza di vitamina B12 o acido folico.
Attenzione! Bisogna tenere presente che con l’avanzare della gravidanza si possono comunque avere valori inferiori di emoglobina, ma senza variazione del volume globulare. Infatti il sangue materno aumenta la propria massa senza variare il proprio contenuto, per potersi distribuire sui due circoli; questa “anemia” ha la funzione di prevenire la trombosi; un sangue troppo denso, in situazioni di stress acuto come si ha nel parto, può infatti andare incontro alla formazione di piccoli coaguli.

  • Rischi di sovradosaggio del ferro

Dare quindi troppo ferro quando non serve può essere pericoloso. Può infattiforzare la formazione di globuli rossi nel sangue e aumentare, così, il rischio di trombosi, depositarsi nei tessuti muscolari e quindi anche nell’utero, rendendolo più rigido e meno elastico durante il parto. In questo caso si una situazione opposta a quando si somministra troppo magnesio, quando cioè si rischia di trovarsicon una atonia uterina con difficoltà contrattile e contrazioni poco efficaci. Nel caso del ferro, invece, l’utero può diventare una corazza, la dilatazione avviene con fatica e con una maggiore sensazione di costrizione e rigidità sul bambino. Uteri molto contratti possono addirittura non dilatarsi e portare all’induzione o al parto cesareo.

  • Dove si trova

Il ferro è una sostanza presente in natura in molti alimenti: lenticchie, frutta rossa (ciliegie, fragole), verdure a foglia verde, prezzemolo, barbabietole rosse, tuorlo, carne, frutti di mare, sardine, cereali integrali, frutta secca come uvette, pesche e albicocche. L’assorbimento è diminuito con l’assunzione di tè, caffé, derivati della soia, nel corso di alcune terapie con antiacidi o tetracicline.L’associazione con acido ascorbico ne migliora l’assorbimento, quindi ok al limone spremuto sugli spinaci e sulla bistecca.

FLUORO 

Il ruolo del fluoro nella prevenzione della carie è conosciuto da una ventina d’anni. Per questo c’è stato un periodo in cui veniva assunto giornalmente dai bambini e dalle donne durante la gravidanza per prevenirne l’insorgenza. Ancora oggi alcuni ginecologicontinuano a somministrarlo, malgrado molti studi abbiano dimostratola dannosità di questa sostanza.

  • Rischi di sovradosaggio del fluoro

Il fluoro si trova in tutti i prodotti per l’igiene dentale, alle acque. Se dato per bocca come integratore può portare a un sovradosaggio (fluorosi), con discolorazione dei denti sotto forma di macchie, soprattutto degli incisivi superiori, alterazioni delle ossa, calcificazione del tessuto muscolare e dei legamenti spinali. Infatti l’eccesso di fluoro aumenta l’assorbimento e il deposito del calcio sotto forma di composti, con una resistenza minore alla frattura rispetto a quello che avviene in una situazione di normale calcificazione. Inoltre alcuni autori hanno riportato un effetto mutageno del fluoro con un aumento del tumore all’utero.

Per finire esiste un legame fra uso del fluoro e comparsa del gozzo in quanto il fluoro può depositarsi a livello della tiroide e interferire con il funzionamento ghiandolare. Alcuni studi poi hanno messo in evidenza la comparsa dei deficit di attenzione nei bambini con il periodo in cui in America hanno iniziato a aggiungere fluoro nelle acque.

  • Dove si trova

È presente in piccole tracce nelle ossa, nei denti, nella tiroide e nella pelle. A livello naturale si trova in alcuni cibi: tè, cereali, pelle del pollo, reni, alcuni pesci. Circa il 70-80% del fluoro è contenuto nelle ossa e nei denti.

È necessario all’organismo in piccoli quantitativi e può essere, per la sua natura chimica, particolarmente tossico se vengono superate anche di poco le concentrazioni utili. Tra l’altro negli anni 50 è stata messa in relazione la fluorurazione delle acque con l’aumento di bambini affetti da sindrome di Down.

ACIDO FOLICO

In questi ultimi anni si somministra l’acido folico 400 mg prima del concepimento e nei primi tre mesi successivi(alcuni ginecologi la consigliano fino alla fine dell’allattamento) perché alcuni alcuni studi hanno riportato una diminuzione di malformazioni genetiche in donne che avevano assunto in gravidanza dosi maggiori di acido folico. Ci può essere un suo ridotto assorbimento in caso di disturbi gastrici, morbo celiaco, malassorbimento intestinale, o per l’assunzione di farmaci chemioterapici, anticonvulsivanti o contraccettivi orali.

  • Rischi di sovradosaggio dell’acido folico

Non sono stati registrati a oggi effetti collaterali anche se alcune donne hanno riferito alcuni disturbi quali diarrea, insonnia, incubi e pruriti generalizzati. Per la mancanza di reazioni avverse riconosciute, in alcuni paesi hanno pensato di “fortificare” i cibi con questa sostanza in modo da coprire l’intera popolazione femminile fertile senza considerare quale impatto può avere sull’organismo in generale l’uso di una sostanza di sintesi in concentrazioni.

  • Dove si trova

Si trova negli ortaggi e nelle verdure a foglie verdi, quindi è una sostanza molto diffusa nel mondo vegetale. Ma si trova anche nel fegato, nei fagioli, nel germe di grano, nel lievito, nel tuorlo, nelle barbabietole, nel succo d’arancia e nel pane integrale.

È una sostanza instabile che quindi si deteriora facilmente. Il 70% dell’acido folico può perdersi nelle verdure fresche lasciate a temperatura ambiente nell’arco di tre giorni, o nell’acqua di cottura o per esposizione al calore.

Nonostante questo, il normale fabbisogno di acido folico (0.2 milligrammi) viene coperto da una alimentazione normale. La sua funzione è correlata a quella della vitamina B12, è coinvolto nel metabolismo degli aminoacidi e nella sintesi degli acidi nucleici, nonché nella formazione dei globuli rossi e di alcuni costituenti del sistema nervoso. Una sua carenza può portare a una difettosa sintesi di DNA nelle cellule che si dividono con disparità fra citoplasma (normale) e nucleo delle cellule (alterato).
Tipico di questa situazione è la comparsa di anemia megaloblastica caratterizzata da globuli rossi di volume aumentato che vanno incontro a una maggiore distruzione per la loro fragilità.

DHA

Gli acidi grassi essenziali sono molto importanti sia per la madre che per la crescita e lo sviluppo del sistema nervoso centrale del neonato e servono, in particolare, alle strutture cerebrali e retiniche. Non sono prodotti autonomamente dall’organismo e vanno introdotti con la dieta; tra questi, gli acidi grassi monoinsaturi e gli acidi grassi polinsaturi a lunga catena, in particolare della serie Omega-3, tra cui il più il più importante è il DHA presente nel pesce, soprattutto quello “azzurro”.

IODIO

È un costituente degli ormoni tiroidei ed interviene nella formazione, nella crescita e nello sviluppo di vari organi (cruciale è il ruolo svolto nella maturazione del cervello) e apparati, oltre che nel metabolismo glucidico, lipidico e proteico. Una sua carenza potrebbe causare ipotiroidismo, cretinismo e neonati piccoli per età gestazionale.

  • Effetti collaterali dello iodio in gravidanza

Non sono conosciuti effetti collaterali

  • Dove si trova

Si trova  principalmente nel pesce. Inoltre, una buona regola è sostituire il normale sale da cucina con il tipo iodato.

Scheda a cura di Daniela Fantini, ginecologa del Cemp

Cibo e affetti

Negli esseri umani l’atto di alimentarsi si è via via allontanato da necessità di pura sopravvivenza per assumere significati simbolici, rituali, affettivi.

Le diverse abitudini alimentari nel mondo obbediscono a rituali tradizionali, religiosi e di convivialità che hanno una precisa funzione sociale (per es. i riti della Pasqua, il Ramadan, le offerte votive, le norme di galateo applicate all’ospitalità e così via). Anche nella nostra cultura, se pensiamo ai pranzi delle festività, al mangiare insieme nelle occasioni che scandiscono la vita ci accorgiamo che il cibo e l’atto del mangiare hanno una profonda funzione emotiva e sociale.  Il ragazzo o la ragazza  che deve dichiararsi o porgere una domanda di matrimonio molto spesso sceglie una cenetta romantica per farlo.

Nel rito più importante della religione cattolica, la comunione, il corpo e il sangue di Cristo vengono simbolicamente “mangiati” a significare l’incorporare, letteralmente il farsi carne della parola di Dio.

Condividere il cibo rafforza i rapporti sociali e può abbassare i livelli di conflitto, pensiamo alle colazioni o ai pranzi di lavoro dove si discutono e concludono affari. Un tale con incarichi direttivi aveva l’abitudine di offrire dei dolci durante le riunioni con i colleghi per disinnescare le rivalità e gli scontri.

Esiste dunque un forte legame tra cibo ed emozioni, ognuno di noi ricorda con piacere o disgusto alcuni cibi legati alla propria infanzia collegati a situazioni piacevoli o spiacevoli. Nel nostro paese questo legame è particolarmente vissuto, ne dà testimonianza la lingua parlata,  il nome tavolo che solitamente indica un mobile della casa in occasione del pasto diventa un sostantivo femminile: ”a tavola!”.

La qualità tipicamente femminile del nutrire nasce nella prima infanzia, è la madre che allatta il neonato e che inaugura in questo modo il profondo legame tra cibo e affetti. Le madri di solito per prima cosa attaccano al seno il loro bambino quando urla e strepita nel tentativo di placarlo. Sperimentano sentimenti di frustrazione se non mangia e talvolta ne subiscono la voracità, insieme al nutrimento scorrono emozioni profonde. Per il bambino il soddisfacimento della fame si accompagna al riconoscimento da parte della madre, alla conferma della sua esistenza nella mente dell’altro. Quella con la madre, nei primi mesi di vita, costituirà la matrice relazionale, quella che andrà a impostare lo stile di attaccamento e quindi di relazione.

Il cibo si colloca dunque in un contesto emozionale tale da farci provare piacere, sollievo, gratificazione ma anche paura, disgusto e persino tristezza. Qui entrano in scena i lati oscuri del mangiare che tuttavia fanno parte della nostra vita fin dai primi minuti. Alcuni lattanti, a volte, sono attaccati al seno della madre con violenza più o meno mitigata. Chi non ricorda scene di adulti che obbligano a mangiare tutto il contenuto del piatto o infinite ed estenuanti litanie con il cucchiaio colmo davanti alla bocca serrata del bambino: “O mangi sta minestra o salti sta finestra” e poi minacce, castighi e così via.

L’appuntamento del pasto, così importante nella vita della famiglia, può trasformarsi da momento di serena convivialità dove scorrono affetti positivi a un vero e proprio incubo dove confluiscono tensioni e conflitti tra i famigliari che sembrano scegliere la parentesi del pasto per manifestarsi il proprio reciproco malessere.

La tavola poi è da sempre un teatro importante dell’educazione parentale, luogo di apprendimento sociale dove si impara come ci si comporta.

Il potere e la violenza entrano quindi a pieno titolo nello scenario dell’alimentazione. Se un tempo l’imperativo era: “Devi mangiare tutto”, oggi, nell’epoca dei bambini obesi, la situazione si è ribaltata, spesso i genitori razionano le quantità e proibiscono ai figli di mangiare di più.

Se un tempo era molto temuta la magrezza eccessiva, segno di privazioni e povertà, lo spauracchio del mondo moderno è “il grassone” ma anche limitare l’alimentazione comporta una certa dose di violenza e di esercizio di potere.

Le persone al giorno d’oggi mettono molta più attenzione di un tempo nella scelta della propria alimentazione e questo è certamente un bene se si traduce in maggiore consapevolezza e cura di sé.

Viviamo tuttavia in un tempo caratterizzato dal primato dell’apparire, dell’immagine e dalla centralità del corpo. L’imperativo sociale trasmesso attraverso lo stillicidio dei media è apparire magri, sani, efficienti ma al tempo stesso il messaggio antitetico che ci viene proposto è quello di un vero e proprio invito al godimento, meglio se immediato.

Ma quando l’imperativo sociale incontra sofferenze e difficoltà personali si può rimanere intrappolati in questa contraddizione e arrivare a situazioni limite che nella nostra società opulenta si configurano come vere e proprie epidemie.

I cosiddetti disturbi del comportamento alimentare – i più noti sono anoressia, bulimia, ortoressia – sono sempre più diffusi e, anche se non possiamo imputare ai media la responsabilità di questa diffusione, certamente le fragilità personali possono trovare un terreno fertile in alcune derive sociali contemporanee.

L’ortoressia è un’abnorme ed ossessiva attenzione alla qualità e alle caratteristiche del cibo da ingerire che porta ad escludere alimenti importanti per una dieta corretta e a cibarsi in maniera troppo limitata o monotona. È caratterizzata da un profondo sentimento di paura e da diffidenza e talvolta, nelle forme estreme, conduce all’isolamento e a grosse difficoltà relazionali.

L’anoressia si configura come un vero e proprio rifiuto del cibo connesso con sentimenti di potere e impotenza. A tutti è capitato di vedere un corpo anoressico e di provare un senso di repulsione e di impotenza ma per la ragazza che abita quel corpo esso è il segno della propria potenza e autonomia, quella che non riesce a raggiungere in un modo “sano” anche se il prezzo da pagare è altissimo tanto da poter giungere vicino alla morte.

Il rifiuto del cibo diventa un rifiuto nei confronti del mondo, un rifiuto dello scambio e nello stesso tempo l’unico mezzo di autodeterminazione. Fantasie di potere, tenacia e rigidità accompagnano l’anoressia: al corpo si chiede molta efficienza e minima cura e dedizione, gli si impone di tutto ma non gli si concede nulla. Queste persone cercano l’indipendenza dalla propria natura e cercano con tutte le forze di imporsi rispetto alle esigenze del corpo. Con il rifiuto del cibo l’anoressico combatte contro sé stesso per dimostrare a sé e al mondo la propria assoluta autonomia e indipendenza.

Che questo desiderio di indipendenza unito alla minaccia di morire di fame debba colpire principalmente i genitori è evidente, perché nella funzione di chi nutre, sono loro che notificano tramite il cibo un diritto di possesso sul benessere del corpo e che, per far valere tale diritto impongono obbedienza.

Le persone affette da bulimia mangiano in maniera eccessiva, indifferenziata (mangiano di tutto) e in modo compulsivo.

Chi ne soffre dice di non avvertire il senso di sazietà e di non potersi controllare. La bulimia può essere accompagnata da successivi comportamenti eliminatori, dei quali il vomito è il più diffuso ma anche da assunzione continua di purghe, enteroclismi ecc.

I bulimici sono intrappolati in un’estenuante spirale che alterna drastiche diete a grandi abbuffate sollecitando così sentimenti di impotenza e di rabbia. Anche la bulimia colpisce molto i giovani ed in particolare, come l’anoressia, le donne. Perché le donne? Qualcuno sottolinea che il bombardamento sociale e mediatico che negli ultimi anni ha magnificato il corpo snello ha avuto come obbiettivo specificamente l’immagine femminile, tuttavia questa spiegazione non basta poiché sottovaluta la posizione del soggetto in quanto tale.

I sintomi anoressico-bulimici solitamente insorgono durante l’adolescenza, quando i cambiamenti del corpo segnalano un destino che è quello della crescita, del distacco, dell’andare nel mondo e di desiderare altro al di fuori della relazione genitoriale. Intervenendo sul corpo ci si può illudere di fermare questo processo evolutivo, di cristallizzare il tempo. Qualcosa nel percorso di crescita di queste giovani donne si è inceppato, l’anoressia-bulimia segnala un’empasse nello sviluppo psico-sessuale proprio nel punto di snodo dell’adolescenza. Per la bambina l’identificazione con la madre in questa fase è necessaria per assumere la propria femminilità ma per farlo fino in fondo deve anche staccarsi e successivamente smentire questa identificazione rinunciando alla sua “matrice relazionale primaria”. L’ambivalenza del cibo nell’anoressia-bulimia riflette tutta questa ambivalenza.

Molto spesso la bulimia si alterna all’anoressia perché ne costituisce la parte nascosta, l’altra faccia della medaglia. L’anoressica mangerebbe incontrollatamente se potesse, ma interviene il controllo estremo sulla fame e l’esercizio del potere sui propri impulsi e sul proprio corpo. Nella bulimia il potere viene messo continuamente alla prova, resistendo, cedendo, declinandosi con altre forti emozioni quali la vergogna, il disgusto e il senso di colpa che porta poi a comportamenti eliminatori quali il vomito.

La violenza insita nel rapporto con il cibo ed il proprio corpo, in questi disturbi, è evidente: è violenza affamare il proprio corpo, renderlo “pelle e ossa” così come è violenza ingozzarlo di cibo, e quando nei casi gravi di anoressia si ricorre all’alimentazione forzata per salvare la vita al paziente viene comunque esercitata violenza.

Cosa può fare il Consultorio

Sembra quasi che “imparare a mangiare” sia diventato al giorno d’oggi uno dei compiti più difficili della vita, ma forse il compito ancora più difficile è intercettare le difficoltà e i disagi che riguardano le relazioni in special modo quelle tra genitori e figli. Il Consultorio è  un punto di riferimento in quanto luogo di ascolto e cura durante il percorso nascita, in adolescenza e in seguito.

Il Consultorio propone un servizio di dietologia che è orientato specialmente a diffondere una corretta educazione alimentare in particolare nelle fasi di vita che richiedono un’attenzione specifica: l’adolescenza, la gravidanza e l’allattamento, la menopausa.

Molte adolescenti e giovani donne si rivolgono al Consultorio per la loro prima visita ginecologica o per l’assunzione di un contraccettivo. In questo frangente gli operatori hanno la possibilità di intercettare i disagi alimentari e spesso di accoglierli per poter indirizzare ad un percorso di cura.

Il Consultorio inoltre può essere un riferimento per le mamme che allattano e che, in questa delicata fase, hanno bisogno di sostegno.

Intervento della Dott.ssa Caterina Fallanca, psicologa che collabora con il C.E.D., per l’incontro organizzato dai Consultori Privati Laici alla Casa delle Associazioni di zona 1 a Milano nell’ambito delle manifestazioni di FUORIEXPO (9 ottobre 2015)

Image: ‘L3
www.flickr.com/photos/40326422@N00/4286807720
Found on flickrcc.net

Alimentazione vegana e vegetariana in gravidanza

Un’alimentazione vegetariana o vegana può comportare complicazioni in gravidanza oppure nel momento del parto? La risposta e i consigli della nutrizionista.

Il profilo nutrizionale varia a seconda del tipo di dieta vegetariana dunque è necessario fare una valutazione individuale del soggetto.

In linea generale la qualità delle diete vegetariane consumate nei paesi industrializzati è migliore di quelle consumate nei paesi poveri, dove manca la varietà necessaria alla copertura di tutti i fabbisogni di nutrienti (macro e micro).

Le diete vegetariane, rispetto alle onnivore, sono ricche di: carboidrati, fibra, magnesio, potassio , antiossidanti con vitamina C e E  e acidi grassi omega 6, fitati  e carenti in energia, grassi saturi, colesterolo alcune vitamine, acidi grassi omega 3 e ovviamente proteine di origine animale.

I dati presenti in letteratura indicano che i vegetariani presentano un BMI (Indice di massa corporea) inferiore rispetto ai non vegetariani  e ciò può essere spiegato dalla bassa densità energetica di una dieta ricca in vegetali e povera di grassi e in generale di alcol.

L’apporto proteico nelle diete vegetariane è adeguato in caso di dieta latto-ovo vegetariana e nelle vegane se si utilizzano cereali e legumi e se l’apporto energetico è sufficiente altrimenti parte delle proteine viene utilizzato per supplire al fabbisogno energetico.

Le diete vegetariane considerate oggi  protettive nei confronti di diverse patologie cronico-degenerative, devono  essere correttamente programmate, soprattutto durante la gestazione.

Tutti i fabbisogni di macro, micronutrienti ed energia devono essere soddisfatti come indicano i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento
di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana) e le integrazioni sono fondamentali soprattutto nelle persone vegane: acidi grassi omega 3, Vitamina B12 (Vegerarian Support Formula T-6635+) considerata una affidabile fonte vegana di vitamina B12 e cereali fortificati.

Per gli apporti di ferro, le quantità raccomandate sono generalmente superiori a causa della più bassa biodisponibilità del ferro nella dieta vegetariana anche se gli studi disponibili sono concordi  nell’affermare che l’incidenza di anemia da carenza di ferro sia sovrapponibile a quella che si verifica tra i non vegetariani. Il principale inibitore dell’assorbimento di ferro sono i fitiati, più che le fibre ma una integrazione con vitamina C generalmente migliora lo stato del ferro.

Per migliorare la qualità nutrizionale esistono delle raccomandazioni mirate (ADA) e riassunte nella piramide vegetariana:

  • variare gli alimenti
  • aumentare le porzioni in funzione del dispendio energetico con le integrazioni in caso di gravidanza o allattamento
  • Consumare almeno 8 porzioni di alimenti ricchi o arricchiti in calcio
  • includere 2 porzioni di alimenti ricchi in acidi grassi omega 3 (olio di lino, soja o noci)
  • la porzione di frutta secca può sostituire una pozione del gruppo dei grassi
  • Porre attenzione agli apporti di vitamina D (suo dosaggio, integratori e sole)
  • includere almeno 3 fonti di vitamina B12 (alimenti tipo uovo, latte e integratore)

Per le diete vegane esiste qualche regola in più come privilegiare l’assunzione di legumi e cibi ricchi in vitamina C, includere nella dieta moderate quantità di semi e frutta secca (pistacchi, mandorle, semi di zucca, noci) ricchi anche di ferro e zinco e l’integrazione di Vitamina B12 è essenziale.

 

Dott.ssa Claudia Trentani, dietista volontaria del Ced, Milano

 

Image: ‘Veggies‘ 
http://www.flickr.com/photos/10943716@N06/5310697314
Found on flickrcc.net

Anemia da carenza da ferro sintomi e consigli dietetici

L’anemia da carenza da ferro è una delle patologie più diffuse al mondo ed il suo impatto sulla qualità della vita sottostimato, come denunciato di recente da Anemia Alliance, un’associazione scientifica che ha l’obiettivo della prevenzione. La dietista Claudia Trentani, del Ced, offre qui un’indicazione dei sintomi, delle condizioni di rischio e dei comportamenti utili a prevenire l’anemia da carenza di ferro. Si parla di alimenti, ma non solo. Ad esempio, sapevate che una corsa al parco tutti i giorni può contribuire a rendervi anemiche?…  I consigli di lettura sono in fondo al post.

Descritta per la prima volta nel 1895 da Bunge, l’anemia sideropenica è causata da una carenza di ferro ed è diagnosticata per valori di emoglobina ed ematocrito inferiori ai parametri fisiologici di riferimento.

I sintomi più comuni sono il pallore, la debolezza, la minore resistenza alle infezioni, l’aumento della frequenza cardiaca e la scarsa capacità di concentrazione.

Il ferro dunque è un elemento in traccia di grande importanza nutrizionale e la storia del suo utilizzo si perde nella notte dei tempi: egiziani, greci e romani, sebbene ignorassero la biochimica, lo somministravano ai soldati feriti perché avevano notato che ciò contribuiva a superare lo stato di debolezza dovuto alle emorragie; Ippocrate lo prescriveva ai suoi pazienti con del vino nel quale aveva immerso pezzi di ferro (1)

Sebbene presente in quantità molto modeste nell’organismo umano (circa 0.05% del peso corporeo) svolge un ruolo fondamentale perché interviene nella costituzione dell’emoglobina che trasporta l’ossigeno (attività respiratoria cellulare) ed entra a far parte di vari enzimi che svolgono ruoli fondamentali in numerose reazioni metaboliche.

Il ferro è importante anche per il sistema nervoso centrale come descritto in studi scientifici che dimostrano una riduzione dei processi cognitivi e capacità di apprendimento in bambini che non soddisfano il suo fabbisogno e in donne sottoposte a diete dimagranti molto restrittive ed incongrue (2).

Circola nel plasma legato ad una proteina (transferrina) che lo porta tessuti mentre le riserve (ferritina) si trovano nel fegato, milza, midollo osseo e muscoli scheletrici. Il pool di ferro nell’organismo (4g nell’uomo e 2.5 g nella donna) è rinnovato continuamente perché recuperato dopo la distruzione dei globuli rossi o riutilizzato.

Il fabbisogno varia in funzione al sesso, all’ età e al periodo di vita . E’ particolarmente elevato nei bambini per il rapido accrescimento, nelle donne in età fertile per via delle mestruazioni che comportano perdite ematiche periodiche, nella gravida per l’aumento dei fabbisogni specifici legate alla gestazione e nell’anziana/o per il diminuito assorbimento intestinale.

Per far fronte ai fabbisogni viene introdotto con gli alimenti ma solo una modesta quantità viene assorbita che è pari al 10-15% del ferro alimentare. Uno degli aspetti da non trascurare è la sua biodisponibilità ossia la proporzione effettivamente assorbita ed utilizzata poiché sono molteplici i componenti della dieta che la possono influenzare.

Alimenti ricchi in ferro sono il fegato e le carni rosse, i crostacei, il tuorlo d’uovo , il cacao amaro in polvere , la frutta secca e i legumi.

Si parla di ferro “eme” e ferro “non eme”: il primo si trova negli alimenti di origine animale (carne e pesce) e il secondo si trova soprattutto nei vegetali. L’assorbimento del ferro eme è più efficiente perché maggiormente biodisponibile. Alcune sostanze come l’acido ascorbico (vitamina C) possono favorirne l’assorbimento attivo migliorando la biodisponibilità: il succo di limone sui cibi aumenta l’assorbimento di ferro di circa l’80% (2) . Viceversa esistono molte sostanze come i fitati , i tannini, il calcio e la fibra che ne inibiscono l’assorbimento che avviene a livello del duodeno e del digiuno.

Anche la trasformazione industriale e il tipo di cottura possono influire sul suo contenuto nei cibi ad esempio la cottura in acqua della verdura e la cottura della carne alla griglia possono comportarne una notevole perdita.

E’ conosciuto anche un livello massimo tollerabile (UL) che risulta essere pari a 40-45 mg/die.(3)

L’assunzione raccomandata per la popolazione (PRI) nel maschio adulto è di 10 mg al giorno, nella donna dai 18 ai 59 anni di 18 mg al giorno e scende a 10 mg dopo i 60 anni.

In gravidanza il fabbisogno sale a 27 mg (2) per l’aumento del volume del sangue materno, per le necessità del feto e placenta e per le perdite durante il parto con un maggior rischio di carenza soprattutto intorno al terzo trimestre di gravidanza. Sarà il ginecologo a stabilire a seconda dei livelli di ferritina la terapia ideale: generalmente per valori di ferritina > a 70 ug/l non è necessaria alcuna supplementazione , tra 30-70 ug/l può essere necessario somministrare 30-40 mg/die di ferro solfato mentre e se la ferritina è inferiore a 30 ug/l il ginecologo può aumentare l’integrazione a 80-100 mg die .

Anche chi pratica sport in modo costante dovrebbe essere monitorato/a attentamente perché potrebbe avere un basso livello di emoglobina (anemia dell’atleta) soprattutto per l’emolisi dei globuli rossi da trauma ad esempio per l’impatto del piede sul pavimento: come nel caso del footing.

Nei vegetariani generalmente non troviamo frequenti casi di anemia forse per l’elevato consumo di vitamina C e per una maggior capacità di assorbimento del ferro dal parte dell’intestino come forma di adattamento.

 

Fonti bibliografiche:

  1. Alimentazione e Nutizione Umana (Mariani Costantini, Cannella e Tomassi). Il Pensiero Scientifico Editore 2006
  2. Viaggio negli alimenti (Colli, Rossi, Marzatico): pricipi di alimentazione. Ed. Calderini 2006
  3. LARN : Livelli di assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana, revisione 2012
  4. DRIs: the essential guide to nutrient requirement

 

Dott.ssa Claudia Trentani, Dietista, consultorio CED, volontaria

 

Image: 'Egg Yolk On Pink and Zebra' 
http://www.flickr.com/photos/40645538@N00/3922804339
Found on flickrcc.net

Decalogo per la dieta corretta

Decalogo per la dieta corretta

Documento redatto dall’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI) in occasione dell’ Obesity Day 2013

1. Prima regola: fare movimento

Organizzatevi una regolare attività fisica. Scegliete attività fattibili in qualsiasi momento e che non richiedano attrezzature particolari: camminare a passo spedito per 3 volte per settimana per almeno 45 minuti di seguito e/o salire e scendere un solo piano di scale, di seguito per 15 minuti un paio di volte al giorno è più semplice che prenotare campi da tennis o dover trovare una piscina in cui si possa davvero nuotare.

Non bisogna strafare e sudare copiosamente; la chiave di lettura di un buon uso dei propri muscoli è costituita, durante l’attività fisica, da un ritmo cardiaco accettabile e dalla sensazione di piacere, con respirazione appena più frequente e profonda.

2. Attenzione ai condimenti

Se siete abituati a condire ad occhio usate il cucchiaio come unità di misura dell’olio. Lo stesso cucchiaio servirà per misurare sughi o intingoli particolarmente ricchi in grassi: non più di uno per pasto. Misurare i grassi solidi con un sistema di misura a volume: un cubetto di burro grande quanto una zolletta di zucchero per persona può essere utilizzato saltuariamente per condire (per 4 persone sarà un pezzetto grande quanto una scatola di fiammiferi) quando non si esageri con dolciumi,salumi o formaggi grassi.

Fate attenzione al consumo di cibi la cui preparazione è sconosciuta (ad esempio in mensa, al ristorante, al bar); in questi casi scegliete piatti semplici e riducete le porzioni. Comunque non fate la scarpetta con i sughi che avanzano sul fondo dei piatti: anche a casa! Utilizzate tecniche di cottura semplici, con pochi grassi (non più di un cucchiaino a persona) insaporendo con erbe o aromi : imparate ricette di cucina semplice e gustosa.

Ricordate che a parità di quantità e qualità i grassi cotti sono sempre meno sani di quelli utilizzati a crudo.

3. Com’è distribuito il cibo che mangio nella giornata?

Arrivo con troppa fame ai pasti, soprattutto a cena? Meglio frazionare in piccoli pasti (4 o 5) e fare la prima colazione.

Concentrare la maggior parte del cibo a cena non è vantaggioso: poi si vede la tv o si va a riposare: è più facile incamerare l’eccesso calorico relativo e ingrassare.

Se ci sono particolari orari in cui abbiamo una grande sensazione di vuoto allo stomaco, valutare come il nostro organismo è stato “rifornito” nelle 3-5 ore precedenti e ridistribuire la quantità di cibo senza aggiungerla al totale della giornata, “partendo” sempre da una colazione adeguata.

4. Masticare con calma e mettere in bocca pezzi piccoli di alimenti

Digerirete meglio, e soprattutto, resterete sazi più a lungo. La “dimensione” del vostro boccone non dovrebbe superare il volume del vostro pollice..

5. Non eliminate i classici cibi ritenuti “ingrassanti”

Ricordate che pane, pasta, patate sono gli alimenti che maggiormente contribuiscono ad una adeguata sensazione di sazietà e, se in porzioni ragionevoli e conditi semplicemente, sono sani e non eccessivamente calorici. Quindi sì alla pasta ma occhio alla quantità di sugo o di condimento aggiunto (usate il sistema dei cucchiai salvo che siano a base di sola componente vegetale), ed eventualmente riducetene un poco la porzione.

6. Verdura a volontà ma attenzione alla frutta

Consumate almeno 3 buone porzioni di verdura al giorno: sono utili perché contribuiscono a migliorare anche la sensazione di sazietà.

Bene anche al consumo di frutta ma attenzione: mangiare troppa frutta per compensare una mancanza di sazietà (magari perché si “saltano” i cibi del punto 5) può non essere una scelta vantaggiosa. In genere si dovrebbero assumere non meno di 2 ma non più di 3-4 frutti al giorno. I frutti vanno sempre ben masticati.

Se si tratta di frutta ben lavata consumarla con la buccia aumenta l’introito della fibra alimentare e ti aiuta ad evacuare meglio.

7. L’alcool

Non esiste un fabbisogno per l’alcool . È utile quindi limitarsi a un bicchiere di vino o a una birra nelle occasioni particolari. Meglio bere acqua, anche gasata, a piccoli sorsi, nella quantità di almeno un litro al giorno.

8. Il pesce

Proponetevi di assumere pesce di mare almeno una o due volte per settimana, imparando ricette semplici e gradevoli. Se il sapore del pesce fresco non ti piace, anche il pesce surgelato può essere una possibilità. Utilizzate sale iodato o iodurato per la cottura

9. Proponetevi obiettivi raggiungibili

Il primo passo può essere quello di “rientrare” negli ultimi jeans che avete appena abbandonato e poi proseguite per passi graduali.

Non usate in modo maniacale la bilancia: è più pratico controllare la taglia dei vestiti e/o i buchi della cintura.

È utile per la salute un dimagramento lento (circa 500 gr\settimana),ottenuto con una riduzione dell’introito alimentare non eccessivamente rigido, ma prolungate

10. Mantenete il dimagramento

Evitate le oscillazioni del peso (sindrome dello yoyo); è importante il calo ponderale ma soprattutto il mantenimento nel tempo del risultato ottenuto: è meglio un lieve soprappeso costante a fluttuazioni ponderali, anche se queste raggiungono un peso normale.

Una perdita di peso del 10% rispetto al peso iniziale garantisce un sicuro vantaggio per la vs. salute, se viene mantenuto.